Controdeduzioni nuova centrale elettrica a Monfalcone
Queste le Osservazioni che l’Associazione Ambientalista Eugenio Rosmann ha inoltrato al Ministero per l’Ambiente, Regione FVG e Comune di Monfalcone nell’ambito della procedura di VIA del progetto di centrale termoelettrica di Monfalcone, a seguito delle integrazioni fornite dal proponente A2A Energiefuture.
Qui di seguito quanto rilevato dalla nostra Associazione:
Spett.
Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare
Direzione per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali
via C. Colombo 44
00147 ROMA
Alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia
Direzione centrale ambiente, energia e sviluppo sostenibile
Servizio Valutazioni Ambientali
via G. Carducci 6
34132 TRIESTE (TS)
Al Comune di Monfalcone
Piazza della Repubblica 8
34074 MONFALCONE (GO)
Oggetto: Procedura VIA sul progetto di modifica della centrale termoelettrica A2A Energiefuture S.p.A. di Monfalcone (GO). Osservazioni sulle integrazioni presentate dal proponente.
Visionata la Documentazione Integrativa, comprensiva delle Controdeduzioni alle osservazioni del pubblico, che risponde anche a quelle presentate dalla scrivente Associazione trasmettono le seguenti osservazioni. L’Associazione Ambientalista “Eugenio Rosmann” http://ambientalistimonfalcone.it/chi-siamo, fondata a Monfalcone nel 1975 come sezione locale del WWF, ha seguito le vicende della centrale elettrica nel corso dei decenni, dal referendum sul raddoppio della centrale a carbone del 1° marzo 1988 al referendum sul terminal SNAM del 13 ottobre 1996, nei quali i cittadini monfalconesi hanno sempre espresso contrarietà al polo energetico.
EMISSIONI DI CO2 E ALTRI INQUINANTI
All’osservazione della scrivente Associazione riguardante le emissioni di CO2, il proponente risponde che:
“Si conferma che nonostante il notevole incremento della potenza elettrica l’emissione complessiva di CO2 sarà analoga”.
Nell’allegato “Integrazioni in materia di emissioni e qualità dell’aria” Tabella 2-5: Confronto tra CTE esistente e CTE in progetto (8760 h/a), si confrontano le emissioni della centrale attuale con l’AIA previgente, l’AIA in applicazione da 3/2021 e quelle di progetto.
Si evidenziano alcuni dati addirittura peggiorativi nelle emissioni annuali rispetto all’AIA 2020.
L’emissione annuale di CO – che era di 1.351 t/a nell’AIA previgente, ridotte a 450 t/a nella nuova AIA, risaliranno a 1.075 t/a con la conversione a gas.
La CO2, che come sappiamo è oggetto di stringenti impegni a livello nazionale ed europeo, si ridurrà dagli attuali 2.400.738 t/a a 2.362.726 t/a, con ben poco beneficio ambientale complessivo, pur tenendo conto dell’aumento di produzione energetica.
Si chiede se nel calcolo del CO2 si sia tenuto conto della dispersione di metano incombusto nella fase di trasporto del gas dai pozzi di estrazione fino al Lisert. A questo proposito si cita un’intervista al prof Armaroli (Il Bo Live – Università di Padova – “Armaroli: l’idrogeno verde è una soluzione energetica sostenibile, ma attenti al greenwashing” 11/03/2021): “il metano ha un problema largamente ignorato, che nel suo cammino dalla Siberia a casa nostra ha varie fasi di perdita e queste perdite non sono minimamente considerate. Sono stati fatti negli ultimi anni degli studi negli Stati Uniti a Boston e altre città, dove si vede che le perdite della rete sono più elevate di quello che si pensava, e il metano è un gas serra decine di volte più climalterante della CO2, quindi alla fine il guadagno che ho a bruciare metano al posto del carbone me lo gioco completamente nel metano che termina in atmosfera e va a creare effetto serra da solo, di per sé, incombusto, e questa è una strada che non ci porta da nessuna parte”.
Sempre in riferimento alla Tabella 2-5 il dato più preoccupante riguarda l’emissione di ammoniaca NH3, 45 t/a sia nell’AIA previgente sia in quella attuale, che saliranno a 108 t/a nel ciclo combinato e 95 nel mix ciclo aperto/combinato.
Sono noti gli effetti dell’ammoniaca come precursore nella formazione di particolato 2,5, con formazione di nitrato e solfato d’ammonio, due sali inorganici largamente presenti nel particolato.
ARPA Lombardia riporta che “è irritante per le vie respiratorie, per gli occhi e per contatto può causare ulcerazioni. L’alta tossicità dell’ammoniaca è da ricercare nel fatto che, disciolta nel sangue, innalza il pH ematico aumentando l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno tanto da renderla incapace di rilasciarlo ai tessuti. Inoltre forma emboli gassosi. A livello ambientale gioca un ruolo importante nei processi di acidificazione ed eutrofizzazione”.
Pur ridotti rispetto ai livelli dell’impianto attuale, permangono gli ossidi di azoto (da 946 t/a nella nuova AIA a 440 t/a nel mix della nuova centrale, ma che salirebbero a 1.075 nel OCGT), un dato poco confortante tenendo conto dell’inquinamento pregresso già subito dal territorio (bioaccumulo), le altre fonti di inquinamento presenti nell’area e la caratteristica di NOx come intermediario nella formazione di ozono e smog fotochimico e nell’acidificazione di suoli e acque.
Si chiede di installare un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni al camino, che misuri il contenuto dei principali inquinanti, gestito da ARPA FVG e pubblicizzato.
La previsione di una grande centrale termoelettrica a ridosso del centro abitato – alimentata a fonti fossili – perpetua i problemi di fragilità sanitaria che il territorio ha già subito nei decenni passati per la presenza dell’impianto a carbone.
UTILIZZO DELLA CENTRALE
Nell’attesa di conoscere se il gestore della rete indirà nuove aste di Capacity market, che potrebbero influire sulle modalità di funzionamento della centrale in progetto, il proponente afferma che:
“L’esercizio futuro della Centrale sarà determinato dal fabbisogno della rete e dalle opportunità di mercato; A2A nello sviluppare il progetto ha previsto un esercizio di 6000 ore/anno con una progressiva riduzione che tiene conto dell’inserimento di sistemi concorrenti parimenti efficienti e dell’aumento della produzione elettrica da Fonti Rinnovabili. La produzione sarà generata prevalentemente in ciclo combinato, mentre l’esercizio in ciclo aperto, fatto salvo il periodo di completamento dei lavori, sarà del tutto occasionale” (Controdeduzioni Pubblico 2.3.1, pag. 10).
Rimane quindi senza risposta la richiesta di conoscere le effettive modalità di utilizzo della centrale e in particolare manca la quantificazione della riduzione prevista delle ore/anno, considerato che si rimanda alle richieste del mercato e al futuro sviluppo delle fonti rinnovabili, due variabili molto indefinite.
Si fa presente che nell’allegato “Integrazioni in materia di emissioni e qualità dell’aria” Tabella 2-5: Confronto tra CTE esistente e CTE in progetto”, si fa riferimento a un utilizzo di 8760 h/a e non 6000, mentre sarebbe utile avere un dato omogeneo in tutto lo studio.
ALTERNATIVE DI PROGETTO
A pag. 60 delle Controdeduzioni alle osservazioni del pubblico si riporta che:
“La strategia generale del gruppo A2A in materia di transizione energetica prevede investimenti molto significativi, dedicati in minima parte allo sviluppo di nuova capacità a gas e in massima parte destinati allo sviluppo delle Fonti energetiche rinnovabili e di progetti innovativi in materia di flessibilità e stabilità della rete elettrica, ivi inclusi elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde, compensatori sincroni, e sistemi di storage elettrochimico; alcuni di questi sistemi sono in corso di valutazione anche per la Centrale di Monfalcone”.
Nell’allegato I Integrazioni alternative, vi sono due proposte, la produzione di energia elettrica con gruppi generatori a gas e il recupero energetico del calore per teleriscaldamento.
La prima soluzione appare sin da subito peggiorativa.
La seconda non costituisce una vera alternativa, ma un’opera accessoria alla centrale in progetto.
Considerato il progetto di impianto fotovoltaico, con potenza di picco pari a 1.426,4 kWp, da realizzarsi all’interno del perimetro della Centrale termoelettrica di Monfalcone e per il quale è in corso l’iter di approvazione, un’alternativa che avremmo voluto trovare in questo documento consiste nell’istallazione di un elettrolizzatore per la produzione in loco di idrogeno verde, alimentata dall’impianto solare, che avrebbe costituito un progetto innovativo e in sintonia con gli obiettivi di decarbonizzazione. L’idrogeno prodotto avrebbe potuto avere come destinazione l’alimentazione di mezzi pesanti in uso nel vicino porto Rosega oppure la produzione di energia elettrica attraverso una cella combustibile, soluzione che non garantirebbe la stessa potenza della centrale proposta ma sarebbe più efficiente e più coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione che l’Italia e l’Europa stanno perseguendo.
Cosa che certamente non si può dire per la proposta in essere, ovvero una grande centrale termoelettrica a combustibili fossili, progetto che nasce già fuori tempo e lo sarà ancora di più nell’arco di attività dell’impianto (30/40 anni) nel corso dei quali si prevede un forte aumento delle energie rinnovabili e quindi una progressiva marginalizzazione dell’impianto proposto. Perciò è ben poco conveniente per il territorio destinare un’area potenzialmente strategica per il suo sviluppo a un impianto poco utile in prospettiva al tessuto economico e con scarse ricadute occupazionali, prevedibilmente con posti di lavoro in diminuzione nel corso degli anni.
Si conferma la contrarietà allo storage elettrochimico, se realizzato attraverso batterie semiesauste, che costituirebbero un rischio ulteriore nel trasporto, nel deposito e nello smaltimento finale delle stesse.
DISMISSIONI DEL CAMINO E DEGLI EDIFICI E IMPIANTI IN DISUSO
Nell’Allegato C Integrazioni in materia di campi elettromagnetici, si riporta che “Per quanto riguarda la connessione alla RTN, si prevede di riutilizzare la stazione elettrica a 380 kV esistente, afferente ai gruppi 3 e 4, mentre le sezioni a 150 kV ed a 220 kV, originariamente utilizzate per la connessione dei gruppi 1 e 2, verranno utilizzate, la prima come back up per l’alimentazione di soccorso dei servizi ausiliari e la seconda rimarrà al momento disponibile”.
Una delle integrazioni riguarda infatti la “Razionalizzazione dello schema di connessione, impiegando il solo collegamento alla rete a 380 kV esistente, secondo la soluzione tecnica minima generale (STMG) emessa da Terna”, come riportato dall’Avviso al pubblico di data 26/02/2021.
Si chiede la dismissione definitiva almeno l’elettrodotto a 220 kV.
L’area attualmente occupata dalla centrale risulta avere una superficie complessiva di circa 19.6 Ha; il nuovo impianto in progetto occuperà invece un’area ridotta, di circa 2.5 Ha, integralmente all’interno del sito di centrale, e sarà localizzato, in particolare, entro l’area già originariamente occupata dal Parco serbatoi combustibili. Non è chiara la destinazione delle altre aree di proprietà di A2A Energiefuture.
All’interrogazione dell’Associazione 4.3 PIANO DISMISSIONE CENTRALE ATTUALE si fa rinvio alla risposta al Comune di Monfalcone 2.8 ASPETTI PAESAGISTICI 2.8.1 Impatto paesaggistico della Centrale “A seguito della messa in servizio del nuovo impianto, A2A si impegna a demolire la ciminiera e a dismettere e ripristinare ad usi industriali l’area del carbonile, rendendola disponibile per lo sviluppo di iniziative di retroportualità così come indicato al punto 2.2 delle risposte alle richieste di Integrazione degli enti. Gli asset non più in esercizio saranno messi in sicurezza (eliminazione dei residui di processo delle sostanze pericolose e dei materiali eventualmente contenenti amianto). In merito alla dismissione e smantellamento di altri impianti non più in esercizio a seguito della conversione a gas, A2A è disponibile a concordare con il Territorio un piano di dismissione degli impianti e delle strutture che, in accordo con il Comune di Monfalcone, saranno definiti come prioritari per la riqualificazione ambientale e paesaggistica dell’area”.
Preoccupa la vaghezza e la forte condizionalità che avvolge il destino degli impianti da dismettere. L’impegno a demolire il grande camino e ripristinare l’area del carbonile, sono messe in relazione alla messa in servizio del progetto presentato (ovvero se la Valutazione d’Impatto Ambientale dovesse avere esito negativo l’impianto verrebbe lasciato in abbandono?). La demolizione dei restanti edifici e strutture è rinviata a futuri accordi con il “territorio” (soggetto alquanto indefinito) e con il Comune di Monfalcone, il cui Consiglio comunale – nella seduta dell’8 marzo 2021 – si è dichiarato contrario al progetto di centrale a gas senza eccezioni. A parte la nuova centrale termoelettrica, l’impianto a pannelli solari e i compensatori sincroni rimangono indefiniti gli altri progetti della società nell’area.
Sulla base di queste considerazioni si considera insufficiente la risposta della società proponente, considerando irrisolto il problema del recupero paesaggistico del sito.
INCOMPATIBILITA’ DEL METANODOTTO
Riguardo al metanodotto di collegamento, per quanto riguarda l’attraversamento del canneto in cui è nota una stazione di Zeuneriana marmorata, preoccupa l’incidenza sulla specie e sugli habitat di interesse sia nella fase di cantiere e sia per la possibilità di alterazione del reticolo idrografico sotterraneo superficiale dato dalla messa in posa delle tubazioni. La relazione appare carente nella valutazione del disturbo della fase di cantiere e sull’accesso all’area in caso di future necessità di manutenzione degli impianti.
Nel documento “METANODOTTO: Allacciamento A2A Energiefuture di Monfalcone (GO) DN 300 (12″) – DP 75 bar VALUTAZIONE DI INCIDENZA” al punto “2.3 Fasi di realizzazione dell’opera” non troviamo riferimenti alla stagionalità dei lavori, considerato che gli interventi nell’area boschiva e nel biotopo del Lisert vanno eseguiti escludendo i periodi di nidificazione dell’avifauna e in rapporto al ciclo vitale di Zeuneriana marmorata.
Considerato che il metanodotto risulta in conflitto con le Norme Tecniche di Attuazione delle zone 3 e 4 del Parco comunale del Carso monfalconese, si invita a ricercare delle alternative, ad esempio seguendo nel tracciato la viabilità esistente.
PROBLEMA OCCUPAZIONALE
Riguardo al problema occupazionale si prende atto della risposta alle osservazioni dell’Associazione ambientalista Eugenio Rosmann” (pag.48) “Per l’esercizio del CCGT e dell’impianto fotovoltaico A2A prevede l’impiego di 50 addetti. Ulteriori 15 addetti sono previsti per l’esercizio dei compensatori sincroni e dell’impianto di storage elettrochimico, iniziative attualmente in fase di studio”. Allo stato del progetto possiamo quindi stimare tra i 50 ed i 65 addetti (considerando che le professionalità di una centrale a carbone possono essere diverse da quelle di una moderna turbogas), tenendo conto che 15 occupati sono previsti in progettualità in parte ancora in fase embrionale e non inserite nel presente studio.
Va considerato che la presenza di una grande centrale termoelettrica deprime altri settori economici, in primis quello termale, che vede al Lisert la presenza di un’eccellenza come le Terme Romane di Monfalcone (https://www.termeromanedimonfalcone.it/) , ma anche quello della nautica e della diportistica, che vede diversi siti sia al Lisert (Marina Lepanto http://www.marinalepanto.it/, Ocean Marine https://www.turismofvg.it/it/23412/ocean-marine,) sia nel bacino di Panzano (Società della Vela “Oscar Cosulich” – SVOC http://www.svoc.org/, Marina Hannibal https://www.marinahannibal.com/, Lega Navale http://www.lnimonfalcone.it/) e turistici (Marina Julia family camping village – Club del Sole https://www.marinajuliacampingvillage.com/).
Inoltre il sedime dell’attuale centrale potrebbe trovare altre destinazioni, per attività portuali e retroportuali, con un impatto occupazionale potenzialmente superiore.
UTILIZZO DELL’IDROGENO
Il documento integrativo Allegato L – Uso di Idrogeno nel CCGT, sull’uso dell’idrogeno in miscela con il metano di cui molto si è parlato in seguito ad un accordo di cooperazione tecnologica SNAM-A2A siglato a Trieste il 25 settembre 2020 alla presenza dell’allora Ministro dello sviluppo economico, consta di 6 pagine, 4 se togliamo copertina e indice e fornisce ben poche risposte.
Si dichiara che l’idrogeno sarà prodotto da fonti rinnovabili, e così dev’essere perché altrimenti andrebbe contabilizzata anche la CO2 derivante dalla produzione dell’idrogeno, ma non si chiarisce come sarà prodotto né dove.
Considerati i problemi tecnici e di sicurezza che il trasporto dell’idrogeno comporta, manca ogni informazione sul sito di produzione dell’idrogeno e sulle infrastrutture di trasporto a monte del punto di consegna Snam.
Nelle “Controdeduzioni alle osservazioni del pubblico” Gruppo S.Valentino – Cittadini per la salute – pag. 28 – si legge che “L’utilizzo di quote crescenti di H2 in mix con il gas naturale consentirà di ridurre ulteriormente il coefficiente emissivo di CO2: con il 30% di H2 nel GN in volume il coefficiente emissivo sarà circa 287kgCO2/MWhe e con il 50% di H2 circa 249 kgCO2/MWh”.
Dal sito www.snam.it apprendiamo che ad aprile 2019, per circa 1 mese, SNAM ha sperimentato l’immissione di 5% di idrogeno insieme al metano nelle proprie condutture in provincia di Salerno. Sperimentazione replicata in dicembre 2019 con l’immissione del 10% di H2 nel gasdotto. Nel 2020 SNAM ha sperimentato una turbina ibrida ad idrogeno per il traporto di gas naturale (Baker Hughes) alimentata fino al 10% di H2. Ancora SNAM dichiara che il 70% della propria rete è compatibile con l’idrogeno, senza specificare in quale percentuale.
Un’intervista del 02/02/2021 a Camilla Palladino, Executive Vice President Corporate Strategy & Investor Relations di Snam (https://www.focusrisparmio.com/news/palladino-snam-lidrogeno-verde-e-la-rivoluzionerei-uneconomia-a-emissioni-zero) di nuovo cita soltanto i due esperimenti effettuati nel 2019, quindi si suppone che non ne siano seguiti degli altri negli anni successivi.
In un’intervista di Marco Montemagno pubblicata su Linkedin a Marco Alverà, CEO di SNAM il 18/01/2021, quest’ultimo afferma che la miscela di gas e 10% di idrogeno non richiede nessun adeguamento delle condutture e degli impianti. Nella stessa intervista dichiara che l’80% della rete SNAM potrebbe trasportare idrogeno al 100%.
Nelle risposte alle controdeduzioni al Comune di Monfalcone si legge che “Per quanto riguarda i gasdotti di proprietà Snam, i tubi e tutte le strutture metalliche interrate saranno protetti mediante rivestimento isolante e protezione catodica. Per concludere possiamo affermare che la condotta, onde evitare la corrosione dell’acciaio, sarà rivestita con uno strato di polietilene e avrà una protezione attiva (catodica) costituita da un sistema a corrente elettrica impressa. Sono inoltre previsti periodici controlli dello stato elettrico del sistema mediante prese di potenziale predisposte in prossimità degli attraversamenti”.
Non è chiaro se anche il gasdotto a monte della derivazione del Lisert sia già adeguato con queste sofisticate dotazioni.
Deduciamo, quindi, che ipotizzare l’utilizzo di percentuali superiori al 10% di H2 nel gasdotto sia assolutamente prematuro, perciò rimane puramente teorico il risparmio di CO2 a percentuali del 30 o del 50%. Ad oggi rimaniamo nella migliore delle ipotesi all’obiettivo del 10%, quindi ad un risparmio di emissioni di CO2 ben poco significativo (CO2 300 g/Kwh) e che poco contribuirebbe a raggiungere gli obiettivi che l’Italia si pone nella riduzione dei gas climalteranti.
Nell’allegato “L” pag. 3 si legge che “Quote di H2 superiori (al 30% NDR) richiederanno (…) una manutenzione straordinaria del macchinario principale – e potrebbero rendere necessari adeguamenti anche sul sistema di trattamento e trasporto del gas a valle del punto di consegna Snam (situato all’interno della proprietà A2A), nonché al resto dell’impianto. In particolare per i componenti interni della turbina a gas (parti calde) sarà avviato un percorso con il fornitore della turbina a gas selezionata per studiare congiuntamente gli upgrading necessari e pianificare step di sperimentazione a percentuali crescenti di idrogeno fino al 100% di H2”.
Ovvero per utilizzare più del 30% di idrogeno, si inizierà in un futuro non precisato un percorso di sperimentazione. La previsione appare eccessivamente vaga nel merito e nei tempi.
Sempre dall’allegato “L” si apprende che l’immissione di H2 nella miscela con il gas naturale, comporta un forte incremento nelle emissioni di ossidi di azoto. Alla prevista percentuale del 30% di H2 l’incremento di emissioni di NOx sarebbe circa del 17% e tuttavia fino a questa percentuale non si prevedono adeguamenti all’impianto DeNox.
Nella già citata intervista, interrogata sui settori in cui potrà essere utilizzato l’idrogeno, Palladino elenca: mezzi di trasporto pesanti come TIR e camion, gli aerei, i treni (per le tratte non elettrificate), l’industria, sia in quei processi che utilizzano l’idrogeno come feedstock (per esempio la produzione di ammoniaca e la raffinazione), sia in quelli per i quali servono temperature molto alte (acciaio o produzione del vetro), infine come ultimo campo nel quale l’idrogeno diventerà competitivo, cita il riscaldamento. La produzione di energia elettrica attraverso la combustione di idrogeno (o mix gas/idrogeno) non viene nemmeno contemplata dalla manager SNAM.
Alle medesime conclusioni giunge Nicola Armaroli, direttore di ricerca dell’ISOF (Istituto per la Sintesi organica e la Fotoreattività) del CNR di Bologna e direttore della rivista SapereScienza: anch’egli conferma l’utilità dell’idrogeno nei trasporti pesanti (escludendo quelli leggeri, comprese le automobili) e in alcuni settori industriali (in sostituzione del carbone). Esclude invece l’utilizzo dell’H2 per il riscaldamento degli edifici.
L’utilizzo dell’idrogeno come immagazzinatore di energia al servizio degli impianti delle rinnovabili (solare, eolico) per ovviare alla discontinuità di queste produzioni è ragionevole, ma l’utilizzo di H2 come combustibile per centrali termoelettriche presuppone un surplus di produzione di energie rinnovabili (una quintuplicazione rispetto ad oggi, secondo Armaroli), che al momento non sussiste in Italia e difficilmente potrà essere incrementato significativamente nei prossimi decenni.
In un intervista sul portale dell’Università degli Studi di Padova il prof.Armaroli afferma: “L’idrogeno ha 3 potenziali impieghi. Il primo e più banale di tutti, che io scarterei a priori, è quello della combustione, ovvero noi possiamo bruciare l’idrogeno esattamente come facciamo con il metano. Ora siccome il metano ce lo troviamo già bello e pronto nel sottosuolo mentre l’idrogeno ce lo dobbiamo fare, utilizzare idrogeno prodotto con tutta questa fatica con varie tecnologie, con processi di inefficienza intrinseci – di cui è importantissimo parlare – per poi bruciarlo è una follia. Perché la cosa che dobbiamo fare e che sta in cima ai piani dell’Unione Europea è quello di smettere di bruciare il più possibili, cioè noi dobbiamo uscire dalla logica delle combustioni, perché i motori a combustione sono i più inefficienti (…). Questa della combustione è un’opzione ma lasciamola lì, io non ne voglio neanche sentir parlare possibilmente. L’altra opzione è quella di fare elettricità, quindi immagazzinare l’elettricità che produciamo da fonti rinnovabili, produciamo idrogeno e lo andiamo a mettere ad esempio in una cella combustibile, che sono quei dispositivi (…) che convertono idrogeno in elettricità, scindono l’idrogeno nel protone, nello ione H+ e nell’elettrone, che gira esternamente e va ad alimentare il dispositivo mentre il protone va a legarsi con l’ossigeno e genera acqua, quindi sono macchine molto sofisticate (…) ma è il modo più intelligente perché queste celle combustibili hanno una buona efficienza. Questa è la seconda opzione, la più desiderabile”. (Il Bo Live – Università di Padova – “Armaroli: l’idrogeno verde è una soluzione energetica sostenibile, ma attenti al greenwashing” 11/03/2021).
Nella citata intervista, il prof. Armaroli prevede che “per produrre idrogeno (verde NDR) in quantità significativa dovremmo avere un enorme surplus di elettricità rinnovabile che al momento non abbiamo, quindi se vogliamo arrivare all’idrogeno nel trasporto pesante dobbiamo incrementare enormemente la produzione di energia rinnovabile, in particolare l’energia a più basso costo e facilmente installabile che è il fotovoltaico, che si presta perfettamente per l’ idrogeno perché nei picchi giornalieri quando splende il sole io produco l’idrogeno, e poi lo tengo lì nel grande centro di produzione e magari alla sera quando rientrano gli autobus li carico. Ecco questo è una prospettiva interessante, come anche quella dell’industria pesante, ma di nuovo serve incrementare enormemente la produzione di energia rinnovabile che purtroppo non abbiamo. Abbiamo già una copertura in Italia quasi del 40% delle fonti rinnovabili, che copre parte della domanda elettrica, ma dovremmo quintuplicarla per fare in modo di aver un eccesso e quindi produrci l’idrogeno di cui abbiamo bisogno e sarebbe sicuramente una buona prospettiva”.
La domanda di idrogeno nei settori della mobilità di mezzi pesanti e per l’industria siderurgica (in sostituzione del carbone, ad esempio nelle acciaierie), vetraria, ecc. , lascia presupporre che ci sarà una scarsa disponibilità di idrogeno sul mercato per altri usi e in particolare per l’utilizzo peggiore che se ne possa fare, ovvero bruciarlo.
Nell’allegato “L” pag. 3 si legge che “i TurboGas di classe H sono già adeguati alla combustione di H2 in miscela nel GN fino ad una quota del 30% in volume ed il progetto A2A prevede che anche i sistemi ausiliari dell’impianto siano dimensionati e tecnicamente conformi per l’utilizzo di questo grado di miscelazione. In particolare tutti i componenti (tubazioni, valvole, riscaldatore, sistema di filtrazione) posti a valle dell’arrivo della miscela GN e H2 saranno già progettati e adeguatamente dimensionati per l’utilizzo di almeno il 30% di H2 (…)”.
Nella tabella 3 dello stesso allegato “L” SCENARI EMISSIVI E ADEGUAMENTI IMPIANTISTICI si legge invece che fino al 5% non è necessario nessun adeguamento impiantistico interno al perimetro dell’impianto, mentre per l’utilizzo del 30% di H2 si prevedono “Possibile installazione di un sistema di miscelazione H2/GN. Adeguamento sistemi di sicurezza (Ventilazione cabinato TG, Sistemi rilevazione gas, Atex, antincendio)”. Questa contraddizione richiede un chiarimento: si chiede di chiarire se l’impianto presentato in questa Valutazione d’Impatto Ambientale sia adeguato a una percentuale del 5 o del 30% di miscela GN+H2.
Riguardo al problema del trasporto di idrogeno tramite gasdotti, si deve tenere conto dell’azione dell’idrogeno sull’acciaio dei tubi, sulle valvole e guarnizioni, sui quali provoca un infragilimento, per cui si devono prevedere sistemi, visivi ed olfattivi, per l’individuazione di eventuali fughe e adottare precauzioni per evitare inneschi di combustione (materiali e sistemi antideflagranti) dati i caratteri chimico-fisici di facile innesco a combustione di questo gas. Esistono le tecnologie in grado di ovviare a tali problemi ma la loro applicazione contribuisce ad aumentare i costi di distribuzione.
Il prof. Armaroli, nell’intervista sopra citata ricorda che “attualmente la filiera dell’idrogeno è molto semplice, quasi tutto l’idrogeno prodotto nel mondo viene utilizzato in loco, proprio perché il trasporto dell’idrogeno è un problema. (…) L’idrogeno è la molecola più piccola dell’universo e quindi ha una capacità molto spiccata di andarsi a intrufolare negli interstizi delle strutture metalliche delle condotte attraverso i quali passa, quindi l’acciaio con cui si devono fare gli idrogenodotti è molto particolare e il costo di questo acciaio secondo gli standard di sicurezza (standardizzati a livello internazionale) avrebbero un costo assolutamente proibitivo. (…) Il gas (idrogeno NDR) per ragioni intrinseche dovute alla sua densità, richiede una quantità di energia 3 volte superiore a quella del metano quando si va a comprimerlo in stazioni di compressione, quindi questo è un ulteriore termine di inefficienza. Insomma si fa il possibile per evitare di portare in giro il gas (idrogeno NDR) verde, ed è per questo che insisto nei grandi centri di produzione dove si produce e si usa lì, quindi trasporto pesante, navi, porti, ecc. Sento dire in giro che si vuole utilizzare la rete esistente del gas. Allora qui bisogna essere molto chiari e molto onesti. Finché io penso di utilizzare un mix del 10, 20% può darsi che i metanodotti più nuovi e più controllati possano reggere. Però se io faccio questa operazione, l’idrogeno lo uso per bruciare, che è la cosa più stupida ch’io possa fare, perché non posso fare tutta questa fatica per andare a bruciare idrogeno. Quando poi sento dire che mescoliamo idrogeno fino al 50%, questa è una cosa che non si può ascoltare. Addirittura qualcuno ipotizza di usare il Transmed. Produrremo idrogeno in Algeria, lì possiamo farlo con il metano dei loro giacimenti o con rinnovabili e lo portiamo in Italia con il metanodotto Transmed, Il metanodotto Transmed è stato posato 45 anni fa, e quindi pensare di utilizzare 100% idrogeno in un’infrastruttura vecchia di decenni, controllattissima, tutto quello che volete, è oggettivamente una cosa che non si può ascoltare, vuol dire non conoscere (…) quali sono gli standard di sicurezza delle condotte per l’idrogeno”.
Si chiede di chiarire:
- se la rete SNAM sia già adeguata al trasporto di miscele GN+H2 in percentuali superiori al 10% o debba essere appena adeguata e in che misura;
- dove saranno collocati gli impianti di produzione dell’idrogeno verde;
- se vi è al momento disponibilità sul mercato di idrogeno verde sufficiente per le esigenze della centrale di Monfalcone e a quale prezzo.
Per tutte le considerazioni fin qui esposte, si chiede di risolvere i molteplici aspetti ancora non chiari nel progetto proposto, e tuttavia, considerata la non-strategicità della centrale di Monfalcone e le possibili alternative per il territorio, si conferma la contrarietà.