Concorso Neolaureati Eugenio Rosmann 2021 – Partecipanti
Tutti le tesi ricevute
Il premio dell’Associazione Ambientalista “Eugenio Rosmann” 2021 è rivolto agli studenti neolaureati e ai ricercatori universitari in materie naturalistiche e ambientali
Clicca qui per vedere la commissione giudicatrice
Inseriamo di seguito gli abstract delle tesi ricevute:
- Gdańsk: The port island of the future
Dott.sa Giulia Marredda
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA
Corso di Laurea Magistrale in Architettura del PaesaggioGdańsk: The port island of the future
Sulle coste meridionali del Baltico, la millenaria città di Gdańsk, luogo di vicende e rivoluzioni, si estende facendosi attraversare dai rami del fiume Vistola. Essa rappresenta la capitale e la città più grande della Provincia della Pomerania e, insieme alle vicine città di Sopot e Gdynia, una delle aree urbane più grandi della Polonia. Oltre a ciò, nell’area urbana chiamata Port Island, si trova il principale porto e complesso industriale e marittimo dell’intero stato polacco, al contempo uno dei dieci porti più grandi ed economicamente forti dell’Europa settentrionale. Sulla continua crescita di quest’ultimo si fonda parte dell’economia polacca, e circa il 60% dell’intera economia della città.
Se da una parte Port Island risulta, quindi, una delle aree più industrializzate e ricche di servizi portuali di Gdańsk, dall’altra è ricca di attrattori culturali (la Fortezza di Wisłoujście, Westerplatte, le vernacolari Timber house) e naturali (la spiaggia e la foresta di Stogi, il lago di Pusty Staw e ben tre siti Natura 2000). Proprio questa triplice vocazione (industriale, heritage e naturale) costituisce in qualche modo la sfida e, al contempo, la principale potenzialità da cogliere del luogo. Infatti, a fare da contraltare ad un piano di sviluppo comunale che vorrebbe industrializzare quasi la metà dell’intera zona per accrescere l’economia già fortemente dipendente dall’attività portuale ed industriale, i futuri scenari legati al cambiamento climatico e la necessità di uno sviluppo sostenibile della città richiamano ad altre evoluzioni per il distretto di Port Island, che in questo modo vive ad oggi una contraddizione interna per la definizione del suo futuro.
Partendo da questi presupposti, il progetto mira ad instaurare sul territorio una serie di soluzioni nature-based che, perseguendo i concetti delle blue-green infrastructure, permettano a Port Island di rispondere contemporaneamente alle problematiche legate al rischio di innalzamento del livello del mare e alle esigenze di crescita economica.
Il principale obiettivo di progetto definisce sostanzialmente l’intero approccio alla progettazione, stabilendo l’intento generale di migliorare la qualità della vita degli abitanti dell’ecosistema urbano, riducendo al contempo ogni impatto sull’ambiente fino al contributo “attivo”. Più specificatamente, invece, gli obiettivi operativi hanno riguardato l’incentivazione del modal-shift, la riduzione dell’inquinamento per tutti gli stock che definiscono il Capitale Naturale in quanto tale (acqua, aria e suolo), il miglioramento dell’inclusione sociale, la riduzione dei rischi, in particolare quelli legati agli effetti dei cambiamenti climatici, il contributo al metabolismo circolare e infine l’ottimizzazione della gestione. Gli interventi proposti cercano, dunque, di inserirsi con continuità all’interno dell’identità, soprattutto storica, del luogo, evitando di essere percepiti dai cittadini come opere ‘calate dall’alto’, bensì come una naturale prosecuzione ed evoluzione sostenibile dei luoghi del passato, trovando al tempo stesso un equilibrio con effetti di lungo termine tra identità storica, crescita economica e sostenibilità ambientale per il nuovo sviluppo di Port Island.
- Pianificazione Territoriale per la Conservazione della Biodiversità in Cina
Dott.sa Francesca Volpato
UNIVERSITÀ CÀ FOSCARI VENEZIA
Corso di Laurea magistrale in Lingue e Civiltà dell'Asia e dell'Africa mediterraneaPianificazione Territoriale per la Conservazione della Biodiversità in Cina
Il delicato equilibrio che regola l’ecosistema è messo in crisi dalla massiccia incursione umana in quelli che sono gli spazi naturali. La nascita di nuove pandemie, ultima fra tutte il Covid-19, non è da considerarsi come un evento eccezionale, quanto più una preannunciata conseguenza degli squilibri ecosistemici deDaB dall’impronta umana. In questa logica diventa fondamentale ripensare al rapporto che lega essere umano e ambiente attraverso conceI quali conservazione e tutela degli spazi naturali. Questo lavoro si propone di indagare l’evoluzione delle politiche di pianificazione territoriale finalizzata alla conservazione della biodiversità messe in aDo in Cina. Nel fare ciò è stato preso in analisi il conceDo di conservazione, analizzando come questo venga applicato al contesto delle politiche ambientali cinesi. I risultaB evidenziano come nel corso degli ultimi anni ci sia stata una crescente attenzione alle problematiche ambientali. L’approccio cinese verso la conservazione della biodiversità si basa tuttavia su logiche definite come “utilitaristiche”. Il legame tra essere umano e ambiente viene leDo principalmente sulla base dei benefici ecosistemici che l’essere umano può trarre dalla natura.
- Comportamento aereo di Balaenoptera physalus nel Mar Mediterraneo occidentale: distribuzione e relazioni con variabili ambientali
Dott. Ivan Farace
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA TUSCIA DI VITERBO
Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche
Laurea Magistrale in Biologia ed Ecologia Marina (LM-6)Comportamento aereo di Balaenoptera physalus nel Mar Mediterraneo occidentale: distribuzione e relazioni con variabili ambientali
Balaenoptera physalus è la specie di balena più comune nel Mediterraneo nonché la sola specie di misticeto frequente ed abituale del Mediterraneo. All’interno del Mare Nostrum, in genere, la balenottera comune effettua delle “brevi” migrazioni: durante l’estate, gli individui si spostano principalmente verso la zona Ligure-Provenzale e nel Mar Tirreno per alimentarsi, mentre d’inverno avviene una migrazione verso le coste nord-africane.
Il comportamento aereo di breaching è considerato molto raro nella specie Balaenoptera physalus, ma durante alcune campagne di monitoraggio è stato segnalato ed avvistato varie volte, sia nel Mar Mediterraneo sia in alcune zone dell’Oceano Atlantico.
Questo studio si propone di investigare sulle potenziali influenze che i fattori ambientali, i comportamenti sociali e il disturbo antropico possono avere sul display aereo della balenottera comune, con l’obiettivo di ricercare eventuali relazioni tra il salto e le variabili sopraccitate, in modo da approfondirne la conoscenza di questo comportamento comunque raro, poco conosciuto e difficilmente studiabile.
L’area di studio investe parte del bacino occidentale del Mar Mediterraneo e i dati sono stati raccolti lungo il transetto Civitavecchia-Barcellona (andata e ritorno), seguendo il protocollo Fixed Line Transect Monitoring Network (FLT), definito da ISPRA. Ai fini delle analisi sono considerate due macroaree di alto mare: il Mar Tirreno Centrale ed il Mar di Sardegna-Baleari. La raccolta dati è avvenuta tra Giugno 2012 ed Ottobre 2020, sono stati condotti 525 viaggi, percorrendo 117.809,59 km, per un totale di 2.574,75 ore in sforzo di osservazione (“on effort”).
Gli eventi di breaching osservati sono stati quindi analizzati in relazione a: stagione, stato del mare, tasso di incontro di individui conspecifici (ER), distanza tra un evento di salto e l’avvistamento più vicino di altre balenottere, numerosità dei gruppi, concentrazione di clorofilla, distanza dalla nave di osservazione e intensità del traffico navale durante gli avvistamenti.
La balenottera comune è stata osservata saltare 27 volte su 721 avvistamenti totali e 1.033 individui (3,7%), dal 2012 al 2020. Le stagioni con eventi di breaching più frequenti risultano essere in ordine: Autunno, Estate e Primavera. L’ 88,5 % dei salti è avvenuto con valore scala Beaufort da 0 a 3.
I valori di encounter rate complessivi sono risultati significativamente diversi tra le stagioni, con la Primavera significativamente maggiore rispetto ad Inverno ed Estate.
Confrontando il valore di concentrazione di CHL estratto sul punto dell’avvistamento con valori medi dell’area, si nota come non ci siano differenze statisticamente significative tranne per l’Autunno, dove la concentrazione media di CHL è significativamente minore nei punti di salto rispetto alla media del bacino.
Nel 75% (n=20) dei casi registrati, le balenottere sono solitarie quando saltano, ma sono state osservate anche in gruppi. Le dimensioni medie dei gruppi con eventi di salto non sono significativamente differenti rispetto ai gruppi senza eventi. Il valore medio della distanza tra l’avvistamento del salto e altri avvistamenti di balenottera temporalmente contigui è risultato di 40,23 km.
L’81 % degli eventi è avvenuto ad una distanza maggiore di 500m dalla nave di osservazione. Nel 57% dei casi non erano presenti altre imbarcazioni, nel 38% era presente una imbarcazione. Il numero medio di natanti presenti durante gli eventi di salto è risultato significativamente minore rispetto a quelli presenti in assenza di salti.
Dalla Correspondence analysis risulta che le variabili che maggiormente influenzano l’evento del salto sono: la distanza tra le balenottere, la distanza dalla nave ed il traffico navale.
Le stagioni che mostrano maggiore frequenza di salti coincidono con i periodi nei quali Balaenoptera physalus si alimenta nei feeding grounds. Inoltre, le stagioni che mostrano maggiore frequenza di salti precedono il periodo riproduttivo. Questo comportamento, quindi, potrebbe essere una modalità dell’individuo per “mostrare” la sua fitness riproduttiva.
In Autunno i salti avvengono in aree con bassa concentrazione di CHL, quindi, in questa stagione il comportamento del breaching non è legato al feeding ma evidentemente ad altri fattori, quali attività sociali e sessuali. La distanza con gli individui incontrati “prima e dopo” l’evento di salto è inoltre compatibile con “l’intento” comunicativo del salto.
Il salto non sembra essere una risposta al disturbo ma, al contrario, un comportamento che avviene preferibilmente in assenza di disturbo, ovvero distante dalla nave di osservazione e con livelli di altro traffico navale estremamente bassi.
In conclusione, il display aereo del salto in Balaenoptera physalus potrebbe avere diversi significati. Potrebbe essere riconducibile ad uno stato di eccitazione durante i periodi di alimentazione, probabilmente ha una valenza sociale legata anche a comportamenti riproduttivi ed inoltre gli individui subiscono il disturbo dovuto al traffico navale, che potrebbe costituire un fattore di inibizione per l’espletamento del display aereo.
- Effetti dello stress da sommersione sulle alofite di barena: nuove prospettive di upscaling
Dott. Paolo Cingano
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE
Dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali
Corso di Laurea triennale in Scienze per l’Ambiente e la NaturaEffetti dello stress da sommersione sulle alofite di barena: nuove prospettive di upscaling
La sommersione è il fattore abiotico determinante negli ambienti di barena lagunari, influenzando un numero elevato di fattori ambientali (salinità, fattori edafici, apporto di nutrienti) e agendo come importante filtro ecologico per la sopravvivenza e distribuzione delle specie vegetali. L’interazione tra sommersione e vegetazione alofila determina l’accrescimento o l’erosione delle barene, e quindi la sopravvivenza dell’intero habitat. L’attuale tasso di innalzamento del livello del mare sta rappresentando la principale minaccia agli ambienti costieri e alle lagune, interagendo con i molteplici servizi ecosistemici che forniscono alla società. Le barene pertanto possono essere definite come ‘ecosistemi sentinella’ essendo in grado di fornire indicazioni sui cambiamenti regionali e globali.
Alla luce di ciò, lo studio e il monitoraggio della risposta della vegetazione a futuri aumenti del livello di sommersione risulta essere un’azione fondamentale al fine di rilevare la tendenza evolutiva di tali ecosistemi, prima che si verifichi un cambiamento irreversibile.
In tal senso i tratti funzionali delle piante (functional traits) e le loro variazioni in risposta ad uno stress, sono sempre più riconosciuti dalla Scienza come uno strumento per comprendere e prevedere l’adattamento degli ecosistemi ai cambiamenti ambientali. Le nuove tecnologie di remote sensing e in particolare gli emergenti approcci di upscaling rappresentano un’opportunità per monitorare in modo rapido e continuativo le risposte ecosistemiche di ambienti fortemente dinamici e spesso difficilmente accessibili come le morfologie endolagunari.
Il presente studio si propone di verificare la capacità di rilevare le modificazioni funzionali della specie bersaglio Salicornia fruticosa e della comunità con dati di telerilevamento multispettrale ad alta risoluzione. La raccolta di dati in campo è avvenuta in punti caratterizzati da diversi livelli di sommersione individuati su nove barene situate all’interno della Laguna di Grado. Nelle medesime aree sono stati poi raccolti dati multispettrali che hanno consentito il calcolo dell’indice di vegetazione NDVI. In conclusione, è stato possibile caratterizzare la risposta della comunità e dei singoli individui a stress di sommersione crescenti, osservando un differente andamento della biomassa vegetale e dell’altezza delle piante lungo il gradiente di sommersione. È emersa inoltre la possibilità di monitorare efficacemente attraverso il telerilevamento i cambiamenti della comunità
nell’intero ecosistema. Il monitoraggio della risposta dei singoli individui ha invece evidenziato come la complessità e variabilità ambientale nelle barene può implicare la necessità di considerare ulteriori fattori in grado di inficiare sulla corrispondenza dei dati di remote sensing. - Sostanze di origine naturale impiegate in agricoltura biodinamica per il controllo dei fitofagi
Dott.sa Karin Vižintin
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE
Dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali
Corso di Laurea triennale in Scienze per l’Ambiente e la NaturaSostanze di origine naturale impiegate in agricoltura biodinamica per il controllo dei fitofagi
Il percorso formativo della facoltà di Scienze per l’ambiente e la natura di Udine presso la quale mi sono laureata prevedeva un tirocinio di 150 ore che ho svolto presso l’Azienda Agricola Devetak Sara di S. Michele del Carso (Go). È proprio qui che ho trovato lo spunto per il tema della mia tesi di laurea dal momento che questa azienda coltiva con metodi naturali, miscelando i sistemi dell’agricoltura biologica e della biodinamica.
Innanzitutto, cosa sono i fitofagi? I fitofagi sono animali che si nutrono delle piante. I principali fitofagi appartengono al philum arthropoda e, in particolare, alle classi insecta e arachnida. Causano all’ambiente agricolo sia danni fisiologici che economici.
Nella tesi sono stati presi in considerazione alcuni tipi di agricoltura alternativi all’agricoltura convenzionale. Quest’ultima è un insieme di metodi di coltivazione intensiva che impiegano fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi, impianti di irrigazione, utilizza varietà migliorate di specie coltivate e una forte meccanizzazione.
L’agricoltura biologica è volta a produrre alimenti con sostanze e processi naturali: rotazione colturale, utilizzo di colture che ripristinano la fertilità del terreno e scelta di varietà più resistenti. La normativa europea pone parecchie limitazioni: dall’uso limitato di fertilizzanti, fitosanitari di sintesi ed antibiotici, al divieto di uso delle radiazioni ionizzanti, degli ormoni e di OGM.
L’agricoltura integrata è la combinazione di coltivazione e allevamento e segue il principio della FAO secondo il quale gli scarti biologici che sono inutilizzabili per una determinata attività possono essere utilizzati per un’altra.
L’agricoltura biodinamica si basa sugli insegnamenti del teosofo R. J. L. Steiner nei quali ai principi dell’agricoltura biologica vengono aggiunte idee mistiche, spirituali e legate all’astrologia e per queste idee viene molto spesso considerata pseudoscientifica e giudicata con scetticismo dalla comunità scientifica.
L’alto livello di fertilità del suolo viene mantenuto in modo sostenibile, cercando di minimizzare gli input esterni e utilizzando quanto prodotto in azienda come additivi per le colture. I principi base sono la diversificazione delle colture, l’eliminazione di trattamenti del suolo con sostanze di sintesi, utilizzo calendari lunari delle semine e di preparati speciali.
La lotta contro i fitofagi in agricoltura convenzionale viene effettuata con gli insetticidi che sono: inorganici (ad es. zolfo, polvere di caolino), organici di origine minerale (ad es. oli bianchi, oli paraffinici derivanti dal petrolio), organici di origine vegetale (ad es. oli essenziali, piretrine), organici di origine microbica (ad es. avermectine), organici di
sintesi (ad es. piretroidi che sono neurotossici, juvenoidi ed ecdisoidi che interferiscono sullo sviluppo).
La lotta contro i fitofagi in agricoltura biologica viene effettuata con due pratiche di controllo: la prevenzione e la cura.
La prevenzione: quarantena fitosanitaria, selezione di coltivazioni, pulizia dei semi, rotazione delle colture, monitoraggio periodico delle colture, consociazione, lavorazione del terreno, solarizzazione del terreno.
La cura: impiego di sostanze di origine naturale, elioterapia, tecnica del maschio sterile, termoterapia, cattura massale, reti a tenuta d’insetto, lotta microbiologica, lotta biologica di tipo conservativo, utilizzo di piante repellenti, piretrine, corroboranti.
La lotta contro i fitofagi in agricoltura biodinamica viene effettuata secondo i principi dell’agricoltura biologica e l’uso di alcune sostanze naturali. Nella tesi viene analizzato l’utilizzo dell’ortica, dell’aglio e dell’estratto di propoli perché questi prodotti venivano utilizzati nell’azienda agricola presso la quale ho svolto il mio tirocinio.
L’ortica grazie all’elevato contenuto di acido formico ha un effetto repellente nei confronti degli insetti se presente nelle vicinanze delle colture, ma al contempo ha anche un effetto positivo nella lotta contro malattie fungine e infezioni batteriche se usata come estratto diluito con l’acqua. L’ortica stimola inoltre la crescita delle colture e le rende più tolleranti nei confronti degli attacchi da parte dei fitofagi. Per i suoi effetti trofici può essere utilizzata anche come fertilizzante verde o da sovescio.
L’aglio in consociazione con altre piante viene utilizzato per favorire il controllo dei fitofagi, ma aiuta anche ad aumentare le produzioni o a ottenere un miglioramento qualitativo delle stesse. Diviene un ottimo insetticida biologico se miscelato con urina di bovino, o con estratto di calamo ed estratto di cipolla. L’olio di aglio utilizzato come fumigante inibisce le ovideposizioni.
L’estratto di propoli può essere utilizzato come estratto etanolico di propoli (EEP) che si ottiene mescolando la propoli con l’alcol, come estratto acquoso ovvero propoli immersa nell’acqua, o estratto oleoso che consiste in propoli e burro o olio raffinato. A seconda della concentrazione utilizzata le varie preparazioni si sono rivelate dei buoni anticrittogamici, efficaci contro le malattie fungine, ottimi componenti dell’edible coating (strati protettivi della frutta) oltre ad avere una notevole attività antibatterica.
In conclusione: In questo studio è stato documentato che le sostanze di origine naturale utilizzate in agricoltura biodinamica, anche prescindendo dalle idee mistiche, spirituali e legate all’astrologia, possono essere validi strumenti per proteggere le colture e migliorarne la qualità. L’uso di queste sostanze alternative potrebbe quindi essere una delle risposte ai problemi legati al depauperamento del suolo, alla sempre maggiore carenza di acqua dolce, all’inquinamento delle falde da parte dei prodotti fitosanitari e alla scarsità delle risorse naturali. Sarebbero quindi necessari ulteriori studi per poter approfondire il meccanismo d’azione di queste sostanze per poi inserirle a pieno titolo all’interno delle comuni pratiche agricole aziendali, insomma un investimento per un futuro più ecosostenibile.
- Physiological response of corals exposed to a combination of heat waves and microplastics. A mediterranean case study with Astroides Calycularis (Pallas, 1766)
Dott.sa Verdiana Vellani
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimento di Scienze della Vita
Corso di Laurea Magistrale in Ecologia dei cambiamenti globaliPhysiological response of corals exposed to a combination of heat waves and microplastics.
A mediterranean case study with Astroides Calycularis (Pallas, 1766)Le Sclerattinie, o madrepore (Scleractinia Bourne, 1900), sono sensibili a molteplici stress di origine antropica che si manifestano su scala regionale e globale. La comprensione degli effetti di questi fattori di stress sulle popolazioni naturali è un’assoluta priorità, in particolar modo nel Mar Mediterraneo, nel quale i cambiamenti climatici avvengono più velocemente.
L'effetto delle alte temperature prolungate (ondate di calore) e della presenza di microplastiche sul consumo di ossigeno e sull'escrezione di ammoniaca nel corallo mediterraneo Astroides calycularis è stato studiato per migliorare la conoscenza dei tassi metabolici di questa specie endemica del Mediterraneo. Le colonie del corallo sono state raccolte da una popolazione naturale e, dopo l'acclimatazione, sono state esposte a quattro diverse condizioni di laboratorio completamente controllate. Le condizioni di alta temperatura sono state pensate per riprodurre l'ondata di calore, aumentando la temperatura di 1 °C/settimana (da 26 °C a 29 °C) e mantenendo il picco di 29 °C per 2 settimane. Il consumo di ossigeno è stato analizzato per ciascuna colonia singolarmente in camera respirometrica, alla stessa temperatura delle condizioni di esposizione degli acquari. Dopo l'analisi della respirazione, un'aliquota da ciascuna camera è stata prelevata per la successiva analisi dell’escrezione. Sono stati calcolati il tasso di respirazione ed escrezione, nonché i valori medi di mortalità. L'analisi ANCOVA è stata applicata per determinare le differenze statistiche di questi parametri in funzione della temperatura e delle microplastiche, singolarmente e combinate. L'analisi ANOVA è stata utilizzata per il confronto statistico dei valori medi di mortalità tra le condizioni. Sebbene la mortalità media non fosse significativamente diversa tra le condizioni sperimentali, il consumo di ossigeno e l'escrezione di ammoniaca hanno mostrato un aumento con la temperatura. I tassi di respirazione ed escrezione hanno mostrato un andamento a campana, con valori più elevati durante la terza settimana di esposizione, a 29 °C, probabilmente per la vicinanza alle soglie sub-letali elevate, definite intorno ai 24-29 °C per A. calycularis. La diminuzione rilevata per entrambi i fattori alla quarta settimana potrebbe essere dovuta ad un adattamento: ridurre i tassi metabolici è una strategia per il risparmio di energia, che consentirebbe al corallo di sopravvivere meglio in uno scenario di cambiamento climatico. La temperatura era il parametro principale che influenzava i tassi metabolici, mentre la presenza di microplastiche risulta significativa solo dopo 3 settimane di esposizione. I nostri dati suggeriscono che temperature comprese tra 27 °C e 29 °C sono probabilmente all'interno di una zona di compensazione termica metabolica per la specie.
Dati i risultati di questo studio, in cui A. calycularis ha mostrato un aumento dei tassi metabolici, sarà necessaria un'analisi più approfondita della fitness del corallo arancione in uno scenario di cambiamento globale. - Il monitoraggio con logger e GPS e il sessaggio molecolare per studiare le scelte comportamentali nelle coppie di Burhinus Oedicnemus (Linnaeus, 1758)
Dott.sa Sofia Tortorici
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali
Corso di laurea Magistrale in Biologia AmbientaleIl monitoraggio con logger e GPS e il sessaggio molecolare per studiare le scelte comportamentali nelle coppie di Burhinus Oedicnemus (Linnaeus, 1758)
Il seguente lavoro di tesi ha come obiettivo lo studio etologico sulle coppie della specie Burhinus oedicnemus. I risultati di ricerca sono stati ottenuti tramite attività in campo per il prelievo dei campioni e l’apposizione dei dispositivi gps, attività in laboratorio per applicare tecniche molecolari non invasive e stressanti per l’individuo al fine di determinare il sesso nella coppia e attività di monitoraggio per visualizzare gli spostamenti degli Occhioni.
- Nuove osservazioni sull’espansione della Lontra (Lutra lutra) in Friuli Venezia Giulia e prospettive future
Dott. Giacomo Stokel
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTEDipartimento di Scienze AgroAlimentari, Ambientali e Animali
Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie per l'Ambiente e il TerritorioNuove osservazioni sull’espansione della Lontra (Lutra lutra) in Friuli Venezia Giulia e prospettive future
La Lontra eurasiatica è un mustelide di medie dimensioni che vive nei corsi d’acqua dolce di Europa ed Asia. Specie carnivora, è il predatore apicale degli ecosistemi acquatici, il che la rende un’importante specie bandiera per gli stessi. Diffusa lungo quasi tutto il territorio italiano fino agli inizi del ‘900, ha successivamente subito un rapido declino che l’ha portata all’estinzione locale in molte regioni italiane tra cui il Friuli Venezia Giulia, ad esclusione di un piccolo nucleo residuale in Italia meridionale. Tuttavia in anni recenti le limitrofe popolazioni austriaca e slovena sono in crescita, portando una nuova colonizzazione della regione da nord e da est. Allo scopo di aggiornare i dati sulla distribuzione locale della Lontra, nel corso del 2020 sono stati condotti rilievi per definirne la presenza in tutto il territorio regionale, applicando sia transetti lungo i corsi d’acqua sia monitoraggio dei ponti. Successivamente, nei punti di maggior interesse, in cui è registrata la presenza della specie, sono state posizionate delle fototrappole. Per comprendere poi al meglio i fattori che influiscono sulla distribuzione e le possibili vie di espansione future, si è sviluppato un modello di idoneità ambientale. Nel corso dello studio è stato possibile condurre un esame necroscopico su un esemplare investito in Carnia. Dai risultati ottenuti si evince che l’attuale distribuzione della Lontra in Friuli-Venezia Giulia comprende i principali corsi d’acqua di Alpi e Prealpi Giulie, e alcune aree prospicienti la pianura dei bacini di Tagliamento ed Isonzo; queste sono le prime osservazioni di esemplari stabili nelle due zone dopo molti anni di assenza. Ciò indica che sta avvenendo una nuova espansione in regione, con direzione dai rilievi montani verso la Pianura Padano-Veneta, il che sprona ad ampliare le ricerche e attuare nuovi studi per migliorare la conoscenza e tutela di questa preziosa specie.
- La Giustizia Climatica e l’Unione Europea – Un’analisi della giurisprudenza recente
Dott.sa Alice Rotiroti
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Corso di Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche
La Giustizia Climatica e l’Unione Europea – Un’analisi della giurisprudenza recente
Il riscaldamento globale rappresenta una delle peggiori minacce che il nostro pianeta si trova ad affrontare oggi. Tuttavia, nonostante i recenti dati scientifici confermano la derivazione antropica del riscaldamento globale, molti governi sono incapaci di adottare delle politiche efficaci ed adeguate ad evitare la catastrofe. In questo contesto preoccupante si inserisce la giustizia climatica, la quale rappresenta lo strumento adatto per responsabilizzare i governi, per ottenere giustizia per le generazioni future e per mantenere un clima stabile. Questa ricerca, basandosi sui principali pilastri della giustizia climatica e sulla legislazione dell’Unione Europea in materia di lotta ai cambiamenti climatici, si propone di analizzare il tema della giustizia climatica da una prospettiva giurisprudenziale. La giustizia climatica è un fenomeno di particolare rilevanza ed attualità, che può essere definito come l’insieme delle norme, delle procedure e della giurisprudenza riguardanti l’accertamento delle responsabilità e l’applicazione delle sanzioni conseguenti a comportamenti che influiscono negativamente sul clima. Inoltre, data la recente formazione di questo fenomeno, lo studio della giurisprudenza della Corte di giustizia europea (CGE) portato avanti da questa tesi permette di risolvere le incertezze riguardanti le modalità ed i contesti in cui opera la giustizia climatica, delineando i criteri di ammissibilità di un ricorso climatico. In particolare, la tesi fa riferimento ad uno specifico caso giurisprudenziale, il People’s Climate Case, il quale, essendo il primo contenzioso climatico presentato di fronte alla CGE, fa emergere in maniera evidente i limiti della giurisprudenza europea. Infine, lo studio dimostra come la giustizia climatica rappresenti un ottimo strumento per evitare che si raggiunga un punto di non ritorno. Tuttavia, essa resta una materia nuova che necessita di ulteriori sviluppi, in particolare nell’ordinamento europeo, dove un cambio di approccio da parte della CGE risulta necessario per garantire la giustizia ed un clima stabile.
- Deep Learning per il monitoraggio del Beach Litter
Dott. Antonio Morelli
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI "PARTHENOPE"
Dipartimenti di Scienze e Tecnologie
Corso di Laurea in InformaticaDeep Learning per il monitoraggio del Beach Litter
Limitare il quantitativo di rifiuti costali e marini è uno degli obiettivi primari che concerne l’impegno alla salvaguardia dell’ ecosistema, la biodiversità e la salute
dell’umanità[1]; adottare misure specifiche risulta essere un’azione necessaria per il conseguimento di tale obbiettivo. Beach Litter Monitoring (BLM) è il nome col
quale viene indicato il qui presente lavoro che intende svolgere il ruolo d’ apripista per una serie di ricerche atte alla salvaguardia dell’ambiente marino; finalità ultima
è l’individuazione di una strategia per poter individuare i rifiuti che risiedono nei litorali attraverso metodologie di apprendimento profondo (Deep Learning). BLM
esegue segmentazione d’istanza mediante l’utilizzo del framework Yolact++[2]; la base di conoscenza che BLM sfrutta nel processo di addestramento della rete è
fornita dal dataset di dominio pubblico UAVVaste[3], che permette l’individuazione dei detriti, e da UAVVaste categorized, ottenuto a partire dal primo mediante l’applicazione
dell’algoritmo di clustering k-Means, che ne permette la categorizzazione in 13 classi. Il lavoro è stato svolto con il contributo di un gruppo ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali, dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, che ha fornito supporto tecnico per favorire la comprensione del dominio applicativo, nonché le immagini da sottoporre ad analisi. In particolare, le immagini sono state acquisite in due località costiere, Torre Guaceto, area marina protetta della Puglia situata sulla costa adriatica dell’alto Salento, e Torre Canne, località marina situata ad alcune decine di km da Brindisi che rientra nel Parco Naturale Regionale Dune costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo.
- I vincoli vigenti all’interno del territorio del Comune di Brogliano e la loro portata
Dott.ssa Marcella Bertozzo
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria
Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali
Dipartimento di Diritto Pubblico, Internazionale e Comunitario
Corso di Laurea in Tecnologie Forestali e AmbientaliI vincoli vigenti all’interno del territorio del Comune di Brogliano e la loro portata
Il Comune di Brogliano, situato in Provincia di Vicenza, più nel dettaglio nella zona della “Valle dell’Agno”, nonostante si estenda su un’area di ridotte dimensioni, è soggetto ad una serie di vincoli molto importanti, atti a tutelare l’integrità fisica ed ambientale, nonché l’identità culturale e paesaggistica del territorio. Inoltre, tali vincoli sono stati imposti anche per la tutela della popolazione in quanto, come dimostrato dagli studi geologici, il suolo su cui si erge il Comune, per i materiali da cui è composto e per le caratteristiche degli stessi, è infatti predisposto al rischio di frana e al dissesto idrogeologico.
Con questo elaborato scritto si vogliono quindi analizzare i vincoli vigenti presenti sul territorio comunale, per poter così capire gli interventi che possono essere eseguiti sullo stesso e, di conseguenza, le tipologie di autorizzazioni che devono essere richieste per poter effettuare tali interventi.
Verranno anche richiamate le disposizioni presenti nel P.A.T. (Piano di Assetto del Territorio), uno strumento urbanistico molto importante per una corretta gestione del territorio nel rispetto delle sue caratteristiche intrinseche. Infatti, il P.A.T., tenendo in considerazione tutte le disposizioni imposte dalla pianificazione di livello superiore e delle criticità individuate nel territorio tramite opportune analisi, dà delle prescrizioni sulla tipologia degli interventi che possono essere eseguiti nella zona. Tali prescrizioni vengono poi maggiormente dettagliate e ampliate nel Piano degli Interventi (P.I.), lo strumento attuativo del P.A.T. .
- Le aree protette delle Dolomiti: tutela giuridica, pianificazione territoriale e riconoscimento UNESCO
Dott.ssa Lucia Montefiori
UNIVERSITÀ CÀ FOSCARI DI VENEZIA
Dipartimento di Economia
Master Universitario di I° Livello in Diritto dell’Ambiente e del TerritorioLe aree protette delle Dolomiti: tutela giuridica, pianificazione territoriale e riconoscimento UNESCO
Fino al 1991 la normativa italiana sulle aree protette si è evoluta in modo puntiforme, andando a tutelare di volta in volta le singole specificità di ogni area con provvedimenti ad hoc. Con la legge quadro sulle aree protette, la 394/91, si è cercato di dare una regia unitaria ai parchi e alle riserve di importanza nazionale e regionale. Alle aree protette regolate dalla legge quadro, si aggiungono le aree della rete ecologica Europea Natura2000, introdotte dalla direttiva Uccelli (79/409/CE – poi sostituita dalla direttiva 2009/147/CE) e dalla direttiva Habitat (92/43/CEE), e le aree protette di interesse locale, definite dalle normative regionali. Le Dolomiti, divise tra tre regioni e cinque province, vedono sul loro territorio la presenza di 9 parchi (di cui uno nazionale, due regionali e sei provinciali), 10 riserve naturali statali, 2 riserve regionali, 38 siti della rete ecologica Natura2000 e altre aree tutelate da normative di interesse locale. Da questa breve elencazione si può intuire la complessità amministrativa che caratterizza la gestione delle aree protette delle Dolomiti. Queste aree hanno forme di gestione assai diverse tra loro (alcuni sono gestiti da Enti parco, altri dalle Province autonome, dalle Regioni, e uno addirittura è in gestione ad un ente privato) e utilizzano strumenti di gestione e pianificazione diversi (piani parco, piani delle azioni, piani di gestione dei siti natura2000), e molte si sovrappongono tra loro. Scopo della trattazione è cercare di capire come si concilia questa eterogeneità con la tutela unitaria del bene seriale “Dolomiti UNESCO”, entrato nella lista nel 2009 dopo 5 anni di candidatura, e delineare il ruolo della Fondazione nel rispondere alle criticità che si pongono in tema di tutela. I siti UNESCO nel nostro ordinamento non godono di tutele specifiche, ma sono beneficiarî di forme di protezione differenziate: a seconda del tipo di bene di cui si tratta può godere di tutele in quanto bene naturale, bene culturale, bene paesaggistico, o combinazioni delle tre tipologie. Per far sì che l’UNESCO possa accettare la candidatura lo Stato proponente deve dimostrare di conformarsi alle prescrizioni delle linee guida, ed è presupposto per l’accoglimento della candidatura il fatto che il sito goda di un certo tipo di protezione (il 95% del territorio del bene seriale Dolomiti-UNESCO è vincolato). Dal momento in cui il sito è iscritto nella lista, invece, l’UNESCO non dispone di strumenti vincolanti per gli Stati gestori dei siti: si pongono quindi i problemi della possibile non coincidenza tra i confini del bene tutelato dall’ordinamento nazionale e i confini del bene UNESCO, e del mantenimento del livello di protezione nel tempo. Il coordinamento dei varî strumenti di pianificazione è un altro problema nella gestione dei siti. Il piano di gestione del sito deve dunque occuparsi di minimizzare le minacce all’integrità, e di coordinare le politiche di gestione e tutela del territorio di un bene seriale che, come abbiamo visto, si situa in un panorama amministrativo veramente complesso. I grandi eventi e il turismo di massa stanno ponendo delle sfide ardue alla tutela del sito UNESCO e delle aree protette. Il Consiglio di Stato ci ricorda che per quanto riguarda le aree protette, «non dovrebbe parlarsi di sviluppo sostenibile ossia di sfruttamento economico dell’ecosistema compatibile con esigenza di protezione, ma, con prospettiva rovesciata, di protezione sostenibile, intendendosi con tale terminologia evocare i vantaggi economici che la protezione in sé assicura senza compromissione di equilibri economici essenziali per la collettività, ed ammettere il coordinamento fra interesse alla protezione integrale ed altri interessi solo negli stretti limiti in cui l’utilizzazione del territorio non alteri in modo significativo il complesso dei beni compresi nell’area protetta»1. 1 Sez.
- Una correlazione tra danni alle foreste e simulazioni numeriche ad alta risoluzione del campo di vento della tempesta Vaia - Ottobre 2018 nelle Alpi Orientali
Dott. Carlo Bee
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO
Master of Science in Environmental MeteorologyUna correlazione tra danni alle foreste e simulazioni numeriche ad alta risoluzione del campo di vento della tempesta Vaia - Ottobre 2018 nelle Alpi Orientali
Dal 27 al 29 ottobre 2018 una violentissima tempesta, chiamata Vaia, ha colpito l'Italia nord-orientale. Il culmine dell’evento si è raggiunto il 29 ottobre quando si sono verificate precipitazioni estreme (fino a 252 mm/24h) e venti violentissimi (raffiche fino a 55 m/s) che hanno causato gravi danni in tutto il Triveneto. In particolare, nelle zone montane il patrimonio forestale è stato pesantemente colpito.
I danni alla foresta sono l'effetto più evidente della tempesta Vaia, con un numero elevatissimo di alberi schiantati (> 4.2∙107) e milioni di metri cubi di legname abbattuto (> 8.5∙106 m3). Si prevede che le foreste impiegheranno più di 100 anni per riprendersi completamente. Nello studio di questi danni, grazie alla disponibilità di una completa raccolta di shapefile forniti dagli enti pubblici, si è reso possibile un approccio sistematico con l’uso estensivo di strumenti geostatistici in ambiente GIS. Si è quindi potuto analizzare dettagliatamente il danno al patrimonio forestale, mettendo, ad esempio, in relazione le caratteristiche del terreno e dei danni forestali con alcuni aspetti peculiari dell’evento meteorologico. Son quindi state messe in evidenza anche alcune delle nuove problematiche che i professionisti stanno affrontando tra cui l'aumentato pericolo valanghe e di caduta massi, a causa del venir meno delle foreste di protezione.
Lo scopo principale della tesi è tuttavia combinare un'analisi dettagliata dei dati sui danni forestali con simulazioni numeriche ad alta risoluzione (0.33 x 0.33 km2) del campo di vento di lunedì 29 ottobre, per fornire una panoramica delle prestazioni del modello “Weather Research and Forecasting” (WRF) a scala molto piccola, su un’area caratterizzata da un’orografia complessa.
Il lavoro di tesi si è basato su una solida struttura di dati meteorologici, idrologici e forestali, raccolti e georeferenziati dagli enti pubblici regionali e provinciali durante e dopo l'evento. Essi sono stati analizzati per descrivere i principali eventi meteorologici avvenuti nel dominio di interesse (Trentino Orientale e zone montane del Veneto) e sono stati poi utilizzati per validare i risultati delle simulazioni. Il confronto tra osservazioni e simulazioni, assieme all’analisi dei tradizionali indici statistici (Mean Absolute Error, Root Mean Square Error, Mean Bias Error), mostra che le principali caratteristiche della tempesta sono ben simulate dal modello, il quale è in grado di ricostruire abbastanza fedelmente l’evoluzione della perturbazione, ad eccezione di una marginale tendenza alla sottostima delle precipitazioni nelle aree più colpite ed una tendenza alla sovrastima della velocità del vento in media di soli 3.5 m/s.
Inoltre, i risultati delle simulazioni numeriche sono stati confrontati qualitativamente con i danni forestali, separatamente su ciascuna area del dominio. Utilizzando i danni alle foreste come proxy della velocità del vento, sono state prodotte delle mappe in cui si è confrontata la distribuzione del danno con le isoplete di raffica del vento. Questo approccio alternativo alla validazione dell’intensità del campo di vento simulata ha permesso di ovviare all’impossibilità di avere un dato misurato spazialmente distribuito della variabile vento. Allo stesso tempo si è verificata la capacità del modello di riprodurre la distribuzione del danno rispetto alle raffiche di vento che si è dimostrato consistentemente accurato e preciso.
- DNA sequencing per l'autenticazione dei prodotti di carne di squalo preparati
Dott.ssa Lucilia Lorusso
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI ALDO MORO
Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti
Corso di Laurea Magistrale in Biotecnologie per la Qualità e la Sicurezza dell'AlimentazioneDNA sequencing per l'autenticazione dei prodotti di carne di squalo preparati
Obiettivo del presente studio è impiegare il DNA sequencing per indagare l’incidenza delle frodi da sostituzione di specie in prodotti a base di carne di squalo. Lo studio rivela una percentuale di frodi da sostituzione di specie pari al 45,4%, evidenziando anche l’utilizzo di specie a rischio di estinzione (EN) e in pericolo critico di estinzione (CR). Lo studio fornisce ulteriore prova della necessità di implementare efficaci sistemi di tracciabilità a garanzia dell’autenticità, della sicurezza e della sostenibilità dei prodotti della pesca.
- Temporal patterns of Risso’s dolphin’s (Grampus griseus) groups off Pico Island
Dott.ssa Arianna Fornaroli
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Scienze e Tecnologie
Laurea Magistrale in Biodiversità ed Evoluzione BiologicaTemporal patterns of Risso’s dolphin’s (Grampus griseus) groups off Pico Island
Despite the proven ecological, social and conservation importance of some taxa, such as cetaceans, there are many globally distributed species whose knowledge is still scarce, for example the Risso’s dolphin (Grampus griseus), a teutophagous and deep-diver del-phinid. A resident population of this species has been studied for more than 20 years in the waters off South coast of Pico Island (Azores) by the Nova Atlantis Foundation, a body that has provided the scientific community with valuable findings for a greater knowledge of the species. The peculiar social structure of this population, defined as a 'stratified community', allows the identification of three different types of groups, char-acterised by individuals belonging to different life-history stages: nursery groups (adult females and offspring), bachelor groups (pre-reproductive stages) and adult males. The present analysis aims to assess the temporal patterns of occurrence and group size of the different group types a medium-term study of 6 years of fieldwork data collection (2015-2020). The groups were initially spotted in land-based surveys and then data collection took place in opportunistic trips at sea, using photo-ID and focal-group-following meth-ods. The data, firstly corrected for research effort and normalised, were analysed with a modelling approach using GAMs (Generalised Additive Models), supported by prelimi-nary statistical comparisons (one-way ANOVA, Kruskall-Wallis, Mann-Whitney U test). Groups of adult males were characterised by the highest sighting rate throughout the analysed period. The three types of groups manifest different patterns over months and years, but all of them show an ongoing decrease in occurrence throughout the years, with different rates. The present study suggests the presence of one or more environmental stresses that are causing a habitat shift in the population. Although the environmental Azores’ policy can be said to be more careful than that of other areas (i.e., Portugal), there are some potential disturbance factors, such as the intense whale-watching activity that characterises the waters off South of Pico and Faial islands, a possible depletion of Loligo forbesii stocks, the main prey of Risso’s dolphins in the study area, and the ongoing cli-mate changes, to which this species has been demonstrated to be particularly susceptible in Macaronesia. In particular, further analysis could highlight the intensification of in-terspecific competition (both by exploitation and interference) with other teutophagous cetaceans in the study area, such as short-finned pilot whales (Globicephala macrorhyn-chus). The present study suggests that, for the protection of the study population, given its fundamental importance as sample for the species, greater attention by whale-watch-ing operators, a more widespread knowledge of the approaching code of conduct and a greater awareness in the local population are necessary.
- Infrastrutture verdi e blu come matrici di rigenerazione socio-economica nel basso Isontino
Dott. Luca De Stasio
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimenti di Ingegneria e Architettura
Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in ArchitetturaInfrastrutture verdi e blu come matrici di rigenerazione socio-economica nel basso Isontino
“Above and Beyond” letteralmente può essere tradotto come “Al di là e oltre”, ed è con questo “mantra” che tale progetto di tesi si è rivolto al territorio del basso Isontino. La pandemia che si è imposta nella nostra quotidianità ha reso necessario assumere nuovi metodi e utilizzare strumenti che rendessero possibile andare “Al di là” delle restrizioni momentanee ed assicurare una prospettiva che guarda “oltre”, verso un nuovo futuro. Un cambio radicale nei processi di pianificazione è ora tanto necessario quanto urgente. I sistemi naturali devono essere riscoperti come elementi imprescindibili per la nostra sopravvivenza ed è per questo che la loro protezione e salvaguardia deve entrare a far parte della coscienza comune. L’European Green Deal definisce chiaramente strategie e obbiettivi per il raggiungimento entro il 2050 di una Europa, in cui l’impatto dell’uomo per centinaia d’anni ha profondamente alterato i suoi equilibri, risanata e pronta a impegnarsi al meglio contro la crisi climatica. I Servizi Ecosistemici (SE), intesi come il contributo che la natura eroga per il nostro benessere e per la nostra sopravvivenza, sono un elemento fondamentale per l'analisi di un territorio. L'integrazione nei processi decisionali consente di effettuare scelte mirate e ponderate con l'intento di aumentare i livelli di biodiversità e naturalità all'interno del tessuto urbano e peri-urbano. Per l'individuazione dei Servizi Ecosistemici è necessario un approfondito grado di dettaglio della mappatura dell'area, reso possibile dall'uso degli strumenti satellitari a cui abbiamo accesso al giorno d'oggi. Il territorio del basso Isontino presenta caratteristiche uniche e vicinanze di sistemi molto eterogenei tra di loro, che interagiscono e regolano le dinamiche del luogo. La presenza delle due aree naturali protette delle Foci dell'Isonzo e della Cavana di Monfalcone sono elementi di pregio che vanno protetti e valorizzati, integrandoli nello sviluppo del territorio anche dal punto di vista economico, facendosi volano della necessaria transizione ecologica. Il mio lavoro si è concentrato sulla mappatura del comune di Staranzano. Utilizzando i Servizi Ecosistemici è stato possibile ottenere una lettura dello stato di salute di questo luogo, individuandone le criticità e le potenzialità. Nello specifico, sono stati individuati 3 contesti: Agricolo, Agro-Urbano e Costiero. Gli strumenti scelti per migliorare gli scompensi dei suddetti Servizi sono le infrastrutture verdi e blu analizzate dal punto di vista storico, al fine di comprenderne meglio le dinamiche e le relative applicazioni. Le scelte progettuali nei vari contesti sono nate dalla volontà di integrare il miglioramento della salute ambientale con lo sviluppo socio-economico, coinvolgendo direttamente le associazioni locali nella creazione di circuiti virtuosi, basati sull'impatto zero e sulla mitigazione degli effetti della crisi climatica. La rilettura del territorio attraverso i Servizi Ecosistemici con le scelte progettuali applicate in questo studio ha permesso di quantificare i risultati attesi, rendendo evidente come la metodologia utilizzata non è solo un sistema di analisi, ma consente anche di ottenere dati sul livello di miglioramento ambientale, oltre che socioeconomico, rispetto allo stato di fatto.
- Relazione tra struttura, composizione e gestione forestale e presenza di Picidi nell’area Foce dell’Isonzo – Isola della Cona
Dott. Lorenzo Orzan
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE
Dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali
Corso di Laurea in Scienze per l’Ambiente e la NaturaRelazione tra struttura, composizione e gestione forestale e presenza di Picidi nell’area Foce dell’Isonzo – Isola della Cona
L’espansione dell’agricoltura e la frammentazione degli habitat esercitano delle forti pressioni ambientali e sono fra le principali minacce per la biodiversità, la quale sta seguendo un pericoloso andamento decrescente. Negli ambienti forestali, in cui queste pressioni sono particolarmente pesanti, è importante mettere in atto delle misure di conservazione che possano invertire questa tendenza. Questo è ancora più rilevante all’interno di un’area protetta, come il sito Natura2000 Foce dell’Isonzo - Isola della Cona, in cui la conservazione di specie ed habitat è priorità e obbligo. Di particolare importanza per tale scopo è la conservazione dei picchi, essendo loro stessi dei “costruttori di biodiversità” e specie chiave di molti ecosistemi. Le quattro specie di Picidi prese in considerazione in questo lavoro sono il picchio rosso maggiore Dendrocopos major, il picchio rosso minore Dryobates minor, il picchio cenerino Picus canus e il picchio nero Dryocopus martius. Queste ultime due sono inserite nell’allegato I della Direttiva Uccelli 2009/147/CE che prevede speciali misure di conservazione con particolare riguardo all’habitat. L’area di studio è situata lungo l’ultimo tratto del fiume Isonzo, all’interno del sito Natura 2000 Foce dell’Isonzo-Isola della Cona e della Riserva Naturale Regionale Foce dell’Isonzo. Questo lavoro si pone l’obiettivo di indagare quali siano i fattori che localmente identificano l’habitat delle specie in questione, analizzandone la distribuzione in relazione alla vegetazione e alla struttura ed età forestale. In questo modo si vuole fornire dei dati utili per attuare una gestione ottimale delle aree boschive planiziali in funzione della conservazione delle specie considerate. Per monitorare la presenza delle specie, sono stati svolti dei campionamenti primaverili con la tecnica dei punti di ascolto con utilizzo del playback. Successivamente, è stato possibile individuare degli ipotetici territori di pertinenza delle specie in cui è stata analizzata la componente vegetazionale e forestale. Sono state raccolte informazioni circa la composizione specifica dello strato erbaceo, arbustivo ed arboreo, la presenza di legno morto, il diametro e l’altezza degli alberi e la struttura e l’origine del popolamento generale. I dati raccolti sono stati analizzati mediante il software di analisi statistica R. I risultati ottenuti mostrano che la composizione specifica dello strato arboreo non influisce significativamente nella distribuzione dei Picidi nell’area di studio. Considerando invece la flora complessiva, è stato possibile osservare delle differenze negli habitat utilizzati, in particolar modo per quanto riguarda quello del picchio cenerino. Le variabili che più hanno influenzato la scelta degli habitat dei Picidi nell’area di studio sono quelle relative alla struttura forestale, in particolar modo l’età del bosco, l’area basimetrica del legno morto, il numero di piante ad ettaro e la copertura legnosa del popolamento. In particolare, è stato possibile notare una maggiore predilezione da parte del picchio rosso minore per boschi con elevata copertura legnosa e densità di alberi e, al contrario, una preferenza per boschi più aperti e con meno piante ad ettaro nel caso del picchio cenerino. È risultato che il picchio nero preferisce popolamenti vecchi e con grandi quantità di legno morto ed è stata confermata la grande adattabilità del picchio rosso maggiore, che si dimostra essere la specie meno esigente. Gran parte di queste osservazioni possono essere spiegate dalle diverse abitudini alimentari e riproduttive delle quattro specie.
- Carbonizzazione idrotermica di reflui zootecnici: indagine sperimentale e analisi di scenari
Dott.sa Giorgia Sacchi
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO
Dipartimento di Ingegneria civile ambientale e meccanica
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il TerritorioCarbonizzazione idrotermica di reflui zootecnici: indagine sperimentale e analisi di scenari
Nell’Unione Europea (UE), ogni anno viene prodotto circa 1 miliardo di tonnellate di letame zootecnico e rifiuti correlati agli animali. Il letame di allevamento viene tradizionalmente compostato e utilizzato come ammendante del suolo nei terreni coltivati circostanti il luogo di origine, perché il suo trasporto verso territori distanti non è conveniente. Tuttavia, le applicazioni agronomiche sono sottoposte a pressioni ambientali ed economiche, poiché la produzione di letame all’interno delle operazioni di agricoltura intensiva supera di gran lunga la domanda di suolo locale, spesso con conseguente accumulo e stoccaggio. Lo stoccaggio a lungo termine del letame facilita l’emissione di gas serra e la lisciviazione di nitrati e fosfati, dando origine a problemi sociali e ambientali come l’eutrofizzazione delle fonti d’acqua, la proliferazione di odori o agenti patogeni.
L’efficace utilizzo dell’effluente zootecnico come materia prima bioenergetica non allevia la pressione sulla fornitura di energia pulita, ma riduce anche l’impatto ambientale della cattiva gestione del letame. La digestione anaerobica è una via di valorizzazione comune per i reflui animali. Essa consente la stabilizzazione del letame e il controllo degli odori con la produzione simultanea di biogas, che viene utilizzato per alimentare i sistemi di cogenerazione e più recentemente anche per la produzione di biometano da immettere nei gasdotti. Tuttavia, la bassa resa in biogas del letame ostacola la redditività dei sistemi di cogenerazione per le piccole e medie aziende agricole. Gli effluenti zootecnici sono, inoltre, caratterizzati da un alto contenuto di umidità, nel caso del refluo suino superiore al 90% e da una scarsa disidratabilità e macinabilità che lo rendono poco idoneo a trattamenti termici come, ad esempio, la pirolisi o la combustione.
Questi problemi possono essere affrontati con approcci innovativi di gestione ambientale, come i processi di carbonizzazione idrotermica, emersi come tecnologie promettenti per trattare matrici liquide e mirare al recupero dei nutrienti dai reflui insieme alla riduzione del volume, alla rimozione di contaminanti organici e agenti patogeni.
La carbonizzazione idrotermica è una delle tecnologie termochimiche emergenti utilizzate per migliorare le proprietà del refluo grazie al suo metodo di pretrattamento ecologico ed economico rispetto ad altri trattamenti termici come ad esempio la combustione, in quanto lavora a bassa temperatura (180-190°C) ed a pressione di circa 13 bar autogenerata.
Si riporta in questo elaborato, una proposta di scenario futuro sulla possibile implementazione del processo HTC all’interno di un allevamento suinicolo lombardo di medie dimensioni, il quale attualmente sparge un’aliquota di letame nei terreni agricoli di sua proprietà e la quota in eccesso la trasferisce in un impianto di digestione anaerobica esterno. L’inserimento del processo HTC in questa filiera consentirebbe di migliorare la disidratabilità del refluo e utilizzare la frazione liquida, ricca di nutrienti, in fertirrigazione mentre la frazione solida, con un alto contenuto di sostanza organica e con un volume estremamente ridotto, trasferirla nell’impianto di digestione anaerobica attuale.
In questo contesto si posiziona questo lavoro sperimentale, con lo scopo di effettuare delle prove di carbonizzazione idrotermica sul refluo suino tal quale e addensato a varie concentrazioni di sostanza secca al fine di studiare quale delle tre concentrazioni di partenza ci consente di
ottenere il risultato migliore. Gli obiettivi che ci si è posti sono quindi il miglioramento della disidratabilità dello slurry HTC rispetto all’effluente zootecnico, la compatibilità del liquor con le concentrazioni limite imposte per l’utilizzo in fertirrigazione, la riduzione sostanziale del volume di hydrochar da trasferire alla digestione anaerobica e l’incremento della resa di biogas e di metano.
In questo elaborato si riporta inizialmente nel Capitolo 1 una descrizione del problema attuale di inquinamento delle acque dovuta alla cattiva gestione degli effluenti zootecnici e nel Capitolo 2 e nel Capitolo 3 una descrizione teorica dei processi di carbonizzazione idrotermica e di digestione anaerobica. I Capitoli 4 e 5 costituiscono il corpo centrale della tesi, nei quali vengono descritti, rispettivamente, i materiali e i metodi utilizzati in laboratorio e l’elaborazione dei risultati ottenuti. Infine, nel Capitolo 6 vengono riportate le conclusioni e i possibili sviluppi futuri della ricerca.
- Esplorare il groviglio: un cammino lungo il fiume Piave
Dott. Amerigo Alberto Ambrosi, Dott.sa Maddalena Venturini
UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA
Corso di Laurea Magistrale in Architettura e Culture del ProgettoEsplorare il groviglio: un cammino lungo il fiume Piave
Questo lavoro mostra i risultati di un percorso di esplorazione lungo il fiume Piave, che tenta di avvicinarsi ad un modo diverso di guardare e rappresentare un fiume. Ciò che proponiamo è di non limitare il fiume alla sua sezione liquida, ma di guardarlo come un insieme di materiali complessi ed eterogenei, che estendono i propri sistemi di relazione oltre i limiti geografici entro cui viene rappresentato in modo convenzionale. Camminare, in questo senso, ci ha messi nella condizione di assumere sguardi diversi, che ci hanno consentito di raccogliere, conoscere e mischiare i materiali che abbiamo collezionato lungo il percorso, scoprendo nuovi sistemi di relazioni. Quello che mettiamo insieme è un quadro strettamente soggettivo, derivato da un’esperienza di un territorio costruita passo dopo passo. Questo è, infatti, un lavoro che si muove tra diverse scale e che si nutre di storie raccontate dagli altri, che hanno contaminato il nostro sguardo e di volta in volta spostato il nostro punto di vista. In questo processo di esplorazione e ri-descrizione abbiamo cercato di cogliere e restituire una serie di connessioni, attraverso una mappatura degli attori, sia umani che non umani, che agiscono in alcune aree del fiume, prendendosene cura. Per questo motivo il nostro racconto del fiume si presenta in forma di guida non convenzionale, non tanto con lo scopo di spingere a replicare un'esperienza, quanto più di invitare a tendere nuove figure di filo, per indagare la complessità di un territorio attraverso nuove letture che considerino il fiume come unico racconto a più voci e non come una serie di episodi scollegati. Partire per un cammino come quello raccontato in questa dis-guida, non vuol dire costruire un itinerario a priori, ma al contrario costruirlo passo dopo passo. Di ritorno, avendo allargato le nostre prospettive con nuovi materiali e incontri, proviamo a restituire alcune considerazioni che lungo il percorso hanno preso forma e ci hanno aiutato a conoscere ciò che per noi non aveva ancora un nome. Camminare ci ha permesso procedere non sempre in modo lineare e lasciandoci la possibilità di fermarci, deviare oppure tornare indietro a ri-esaminare le questioni che di volta in volta incontravamo. Quando abbiamo camminato il corpo è diventato contatore e registro, entrando in un contatto fisico con persone e luoghi senza la mediazione di un dispositivo altro dai nostri corpi. In questa logica abbiamo raccontato ciò che ai nostri occhi risulta essere analisi e allo stesso tempo progetto. Proprio per questo motivo il territorio che abbiamo attraversato si identifica per noi con il fiume, un accumulo di storie che si allarga oltre la sezione liquida, ma che rimane una storia continuamente attraversata dall'acqua. Abbiamo cercato di descrivere il fiume attraverso le azioni che lo coinvolgono e che in alcuni casi lo proiettano nel futuro. Abbiamo considerato i termini “erosione”, “deviazione” e “movimento”, prima declinate in alcuni contesti specifici ed in seguito assunte nel loro senso generativo. In questo modo abbiamo potuto comprendere come possano essere d'aiuto per descrivere il fiume anche attraverso le pratiche di cura. Pratiche, in cui il conflitto non è assente, ma che diventa materiale per immaginare nuovi spazi per vivere assieme. Per questo motivo abbiamo deciso di concludere il nostro percorso mostrando quelli che per noi sono degli scenari tendenziali riferiti ai conflitti che insistono sui alcuni dei luoghi che abbiamo attraversato. Questi scenari sono riferiti, da un lato, al conflitto generato dall'assenza di cura delle istituzioni e dall'altro dalla difficoltà di mettere in rete le pratiche di cura operate dalle singole persone e dalle associazioni. Per rappresentare questi scenari proponiamo tre immagini di un futuro distopico in cui la cura è assente e che pongono la domanda “How soon is now?”
- La redditività negli investimenti sostenibili: casi studio di green economy, tra ostacoli e successi
Dott.sa Beatrice Giacchero
UNIVERSITÀ DEL PIEMONTE ORIENTALE
Dipartimento di Giurisprudenza e Scienza Politiche, Economiche e Sociali
Corso di Laurea Magistrale in Economia, Management ed IstituzioniLa redditività negli investimenti sostenibili: casi studio di green economy, tra ostacoli e successi
Alla base di questo elaborato di laurea vi è l’analisi della redditività degli investimenti sostenibili, in particolare, si pone l’attenzione sulle strategie ambientali che prevedono e motivano questo tipo di investimenti. Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire tale tema hanno una duplice natura, prima di tutto personale: amo la natura in tutte le sue forme e il rispetto verso di essa è uno dei punti cardini che guida le mie scelte fin dall'infanzia. Ho sempre avuto una forte fiducia verso l’umanità e voglio credere con fermezza che l’essere umano può ancora scegliere la via della responsabilità ambientale e sociale, la stessa che cresce viva dentro di me. La seconda motivazione nasce da una forte curiosità di indagare su come le organizzazioni, massima espressione dell’attività economica umana, si stiano adattando per evolvere in armonia con l’ambiente. La volontà di portare un contributo veramente pratico al macro argomento della Green Economy ha guidato la mia scelta di approfondire il tema degli investimenti che le organizzazioni devono intraprendere per rendere le loro attività più sostenibili. L’obiettivo di questa tesi di laurea è quello di fornire un’analisi qualitativa accurata dei dati raccolti, mettendone in evidenza le peculiarità che caratterizzano questa categoria di investimenti in generale e nel dettaglio in riferimento a dieci casi studio riferiti ad aziende con caratteristiche ed esigenze differenti tra loro. La tesi è articolata in tre capitoli: nel primo capitolo ho introdotto le tematiche della Green Economy, illustrando le politiche di investimento europee per la transizione ecologica e le caratteristiche della finanza sostenibile. Nel secondo capitolo ho introdotto l’investimento sostenibile e affrontato l’argomento a 360 gradi, partendo dalla letteratura ho trattato il tema della redditività di questa tipologia di investimento con particolare attenzione alle strategie ambientali; Nel terzo capitolo ho sviluppato una ricerca di tipo qualitativo per indagare come le aziende sviluppano una strategia ambientale e gli investimenti sostenibili. Sono state condotte interviste via telematica e in loco per la raccolta dati, i risultati sono esposti dettagliatamente nei singoli casi studio e nella discussione finale. Ai fini della ricerca, nel luglio 2021 ho partecipato alla Green week a Parma, il festival della green economy, evento che vede protagonisti i più importanti esponenti dell’economia, della finanza, e delle istituzioni attenti ai temi della sostenibilità. Durante la settimana trascorsa a Parma ho seguito numerosi interventi e avuto l’opportunità di avvicinarmi ad alcune realtà aziendali italiane di spicco nell’ambito della Green Economy e di apprendere come orientarmi nel mondo della sostenibilità per trattare l’argomento nel mio elaborato di ricerca. La selezione delle aziende da intervistare è partita proprio da lì, dove ho preso contatti con imprenditori, CEO, founder e responsabili di comunicazione di svariate aziende molto diverse fra loro, che si sono resi disponibili per rilasciare un’intervista. In questa maniera ho potuto intervistare le aziende: Davines, Amorim Cork e Buzzi Unicem e la banca Crèdit Agricole. Successivamente ho voluto intervistare realtà quotate in borsa, così ho scelto il Gruppo Mondadori e LeasePlan Corporation e ho deciso di approfondire il tema delle aziende che intervengono nel processo di circolarità dei prodotti intervistando la Treee s.r.l. Ho scelto di selezionare Forever Bambù tra le aziende oggetto di indagine per due motivi, che la posizionano fra le aziende del futuro: il suo progetto Forever Zero CO2, il progetto italiano per azzerare le emissioni inquinanti con il bambù grazie all’emissione di crediti di carbonio, e per la produzione di bioplastica. Infine ho voluto portare il numero delle aziende a dieci intervistando due realtà aziendali piemontesi, in particolare nel Monferrato, Oreste Buzio e nelle Langhe Baladin. Il questionario per l’intervista è costituito da tredici domande, per tre gruppi di obiettivi d’indagine: o Indagare sulla strategia ambientale, sociale e di governance dell’azienda; o Indagare sugli investimenti sostenibili effettuati dall’azienda a sostegno della suddetta strategia; o Indagare sulla redditività degli investimenti sostenibili effettuati e sulle motivazioni che hanno spinto ad implementarli. Dopo aver rielaborato le risposte delle interviste presso le aziende; relazionandomi alla letteratura approfondita, in particolare lo schema strategie ambientali competitive generiche, ho esplicitato i risultati ottenuti in risposta all’oggetto di ricerca per ogni caso studio (attraverso la rappresentazione grafica di una matrice). Per dare un taglio più specifico al macro argomento degli investimenti sostenibili un quesito oggetto di intervista chiedeva all'intervistato di classificare in ordine di importanza gli investimenti green sostenuti dall’azienda riferiti ad aspetti ambientali, sociali e di governance differenti. Ho selezionato cinque principali aspetti da proporre all’intervistato riferiti alle strategie ambientali e sociali implementate quali: iniziative ambientali e controlli dell’inquinamento, qualità dei prodotti e servizi, impegno sociale nella comunità, pari opportunità, trasparenza e qualità dell’informazione. Successivamente, per spiegare in modo più chiaro ed efficace questa classificazione, ho deciso di rappresentare i dati raccolti attraverso un grafico a barre. Infine ho rappresentato i risultati ottenuti sotto forma di grafico a barre dal quale si può trarre una riflessione interessante: pur intervistando imprese con fortissimo focus ambientale e sociale, il ruolo più importante è giocato dalla qualità dei prodotti e dei servizi. Quindi direi che, anche in un’ottica sostenibile, l’attributo green evidentemente è importantissimo, ma non tanto da mettere in ombra il perseguimento dell’eccellenza in quello che si produce. Nei mesi dedicati alla stesura di questo elaborato ho avuto l’opportunità di approfondire tematiche che mi sono a cuore e capire come le aziende si rivoluzionano a piccoli passi per rispettare l’ambiente, le persone e la società. La domanda di laurea, stimolo incoraggiante, che ha guidato la mia ricerca, “La finanza sostenibile è un’opzione concreta o rappresenta ancora una rara eccezione?” oggi ha trovato risposta... ...Alla luce di questa ricerca, sento una nota di speranza: sì, la finanza sostenibile è oggi un’opzione concreta e l’intraprendenza dimostrata dalle aziende oggetto di questa ricerca nell’investire responsabilmente ne è la prova. Così come il management deve essere ‘etico’ anche l’economia e i mercati devono essere etici e giusti. Durante le interviste ho potuto constatare come la naturale attitudine alla qualità, all’innovazione e alla bellezza abbia guidato il nostro paese a diventare un importantissimo player a livello europeo nella green economy. La mia visione è che c’è ancora molto da fare, ma la direzione intrapresa è quella giusta: le aziende che aspirano a rimanere competitive sul mercato hanno reso il fattore "sostenibilità ambientale, sociale e di governance" il core della loro politica aziendale. Infine qual’è la risposta alla domanda di ricerca, Gli investimenti green sono redditizi o almeno sostenibili economicamente? … Dai casi sembra di sì: non è solo un approccio all’investimento che corrisponde a particolari valori aziendali ma spesso diventa anche fonte di vantaggio competitivo poichè in alcuni casi si migliora l’efficienza produttiva e il cliente ne riconosce il valore. In generale la maggior parte delle aziende impiega molte risorse in iniziative ambientali e controlli dell’inquinamento, nella mia opinione è necessario che si sviluppi una sensibilità sociale d’impresa altrettanto forte. In questa visione olistica, la green economy è una rivoluzione del paradigma economico che dà vita a un nuovo modo di “fare impresa” nel quale acquisiscono fondamentale importanza le politiche, le pratiche e i comportamenti adottati dalle aziende a favore della comunità. L’evoluzione fa parte della natura umana, ciò che la distingue è la grande capacità di adattarsi ai cambiamenti, per questo e per fortuna le tematiche affrontate in questo elaborato non sono un capitolo chiuso affinché tutti, aziende e singoli, possano dare uno sguardo agli errori del passato, per immaginare un futuro in cui la sostenibilità guida le scelte di ogni giorno.
- Studio della circolazione marina indotta da schemi di apertura-chiusura del sistema MOSE in un modello semplificato della Laguna di Venezia
Dott. Giovanni Farina
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimento di Ingegneria e Architettura
Laurea Magistrale in Ingegneria Civile, curriculum AmbientaleStudio della circolazione marina indotta da schemi di apertura-chiusura del sistema MOSE in un modello semplificato della Laguna di Venezia
Il progetto in questione mira a fornire una comprensione di base del possibile utilizzo del MOSE come strumento di gestione ecologica della laguna di Venezia, in uno scenario prossimo in cui la prolungata chiusura della laguna richieda un'opportuna ricircolazione delle acque: la comunicazione laguna-mare è fondamentale per l'apporto di ossigeno e nutrienti del mare, da un lato, e per lo smaltimento delle sostanze inquinanti dovute all'attività antropica, dall'altro. In particolare, è studiata la possibilità di creare combinazioni di circolazione, aprendo e chiudendo selettivamente le bocche al variare della marea. Allo scopo di studiarne le caratteristiche principali, il modello idraulico, predisposto al G.K. Batchelor Laboratory dell'Università di Cambridge, è semplificato in un parallelepipedo rettangolo di 1,20 x 0,24 x 0,05 m3; pertanto ne consegue un limite di applicabilità ma, nel contempo, una maggiore valenza teorica. Anche in ragione di ciò, sono sviluppate le basi teoriche dello scambio fra due bacini sottoposti a forzante di marea, che rappresentano lavoro originale di tesi e forniscono un importante strumento di lettura dei risultati sperimentali e numerici. Gli esperimenti sono divisi in tre serie, corrispondenti a tre diversi rapporti di scambio: il rapporto di scambio è il rapporto fra volume scambiato in semifase di marea e volume medio della laguna. Lo studio tiene così conto degli e etti dell'innalzamento del livello del mare e dei cambiamenti climatici in generale. Sussistendo incertezza riguardo combinazioni a curve di decadimento vicine fra loro, sono state realizzate delle simulazioni in OpenFOAM, una suite C++ per la fluidodinamica computazionale (CFD), usufruendo di CINECA, il più potente centro di calcolo in Italia per la ricerca. I risultati evidenziano che sussiste sempre un miglioramento della circolazione (in termini di concentrazione media, mediana, 95mo percentile) implementando una delle combinazioni proposte. Per un circolazione uniforme la contemporanea apertura delle bocche laterali e chiusura della bocca centrale in fase di marea crescente rappresenta la soluzione più efficiente. Mentre considerando solo una porzione della laguna una sola apertura laterale in fase di entrata in combinazione con l'uscita dalla sola e altra bocca laterale determina il miglior meccanismo. Queste combinazioni di apertura risultano essere più efficienti a rapporti di scambi inferiori e quindi in scenari di innalzamento del medio mare. Anche nelle sue drastiche semplificazioni, il lavoro di tesi mostra una varietà di proprietà e soluzioni che non solo rappresentano un importante risultato teorico, ma possono essere applicate a casi studio reali. L'intero insieme di combinazioni getta le basi per un nuova comprensione degli e etti delle chiusure e può dare vita allo strumento principe nella gestione ecologica della Laguna di Venezia.
- Il tempo del paesaggio urbano - Recupero ambientale e ricucitura urbana
Dott.sa Dora Maitan
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimento di Ingegneria e Architettura
Corso di Laurea Magistrale in ArchitetturaIl tempo del paesaggio urbano - Recupero ambientale e ricucitura urbana
L’obiettivo di questa tesi è quello di far rivivere l’area dell’”Ex Consorzio Agrario” a Portogruaro e aree relative, attraverso lo studio sulla metodologia di bonifica da suoli inquinati, la ricucitura urbana e il superamento del vuoto d'identità lasciato dall'abbandono, per sviluppare un modello di buone pratiche nell'ottica della sostenibilità di bonifica. Il sito dell’ Ex Consorzio Agrario a Portogruaro, circa 8500 mq con vincoli della Soprintendenza delle Belle Arti e del Paesaggio, è uno dei luoghi dismessi più centrale e importante della città, che è rimasto per molti, troppi, anni abbandonato. L’attività principale del Consorzio consisteva nella vendita di prodotti quali fertilizzanti, antiparassitari, attrezzi e carburanti per il settore agricolo ed agroalimentare, in quanto area funzionale alla vicina “Ex- Perfosfati”, costruita all’inizio del 1900 per la produzione di concimi chimici. In questa visione, indossando gli occhiali della biologia, il percorso portato avanti in questa tesi per la contaminazione da metalli pesanti e ceneri di pirite, vede l’utilizzo delle tecniche di fitorimedio effettuate da particolari specie di piante definite ‘iperaccumulatrici’, per lo più delle famiglie delle Caryophyllaceae, Brassicaceae, Cyperaceae, Fabaceae, che per poter essere definite tali devono accumulare almeno 1000 mg/kg (peso a secco) di uno specifico metallo o metalloide (più precisamente più di 100 mg/kg di Cd, più di 1000 mg/kg per il Cu, Cr, Ni e Pb, più di 10000 mg/kg per Zn e Mn). Per quanto riguarda, invece, la tecnologia di estrazione del contaminante da parte delle piante, si parla di fitoestrazione che ha il vantaggio di poter trarre utili informazioni da discipline quali l’agricoltura, le scienze forestali e l’orticoltura. E' un processo di rimozione dell’inquinante da parte delle radici sfruttando la capacità della vegetazione di degradare e rimuovere gli inquinanti. Questo tipo di intervento richiede tempi più lunghi rispetto ai metodi tradizionali ma a costi minori, permette una maggiore valorizzazione delle potenzialità della natura, la prevenzione delle isole di calore urbane e un vantaggio economico ed energetico derivante dalla produzione di biomassa. Dallo studio e confronto dei casi di sperimentazione finora condotti da alcune Università italiane in materia, è stato possibile prevedere uno scenario futuro dell'area sotto il punto di vista del “Tempo 0”, ovvero il momento in cui avviene la piantumazione delle specie scelte, e del “Tempo finale” in cui l'area sarà completamente bonificata, stimando i costi, le tempistiche ed il potenziale energetico annuale. Il fine ultimo è quindi quello di intervenire sulla definizione di uno strumento multidisciplinare che permetta di fare luce, in una visione più ad ampio spettro, sulla critica situazione italiana in quanto a siti “ammalati” e “browfields”: sono più di 12.000, di cui gran parte di dimensioni maggiori di 10.000 mq, sia per la matrice del suolo che quella dell'acqua, per un totale di 58 SIN, Siti di Interesse Nazionale. Dal rapporto di Confindustria Dalla bonifica alla reindustrializzazione si evince che più del 50% degli smaltimenti è ubicato ex-situ, con i conseguenti impatti legati alla movimentazione e al trasporto del materiale, sia per l’ambiente che per la popolazione circostante, nonché alla creazione di nuovi depositi rifiuti e consumo di territorio. Emerge quindi la necessità di avanzare proposte per favorire l’utilizzo di tecnologie in situ, tecnologie innovative diverse da scavo e smaltimento e favorire il risanamento ai fini del riuso delle aree interessate.
- Indagine sulla percezione del lupo (Canis Lupus) nei bambini 3-9 anni dopo l'educazione ambientale
Dott.sa Silvia Barbolan
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI NICCOLÒ CUSANO - UNIVERSITÀ TELEMATICA
Master in Educazione ambientale e sviluppo sostenibile: un nuovo strumento per la scuolaIndagine sulla percezione del lupo (Canis Lupus) nei bambini 3-9 anni dopo l'educazione ambientale
Il presente lavoro di tesi vuole indagare sull’effetto dell’educazione ambientale nella percezione del lupo e dei pericoli ad esso associati nei bambini di fascia 3-9 anni dopo un’attività di educazione ambientale.
Dopo decenni di assenza, il lupo è tornato a popolare il Cadore e la conca ampezzana suscitando nella popolazione residente e villeggiante reazioni contrapposte.
A chi si è subito manifestato entusiasta del ritorno di questo affascinante super predatore, si è contrapposto chi in esso vede un potenziale pericolo, non solo per le attività zootecniche ma anche per la stessa cittadinanza.
È nato dunque l’interesse di capire se una corretta informazione, fornita attraverso un’esperienza di educazione ambientale divertente, potesse instillare nei bambini una coscienza ecologica e un interesse per la materia tale da consentirgli in futuro di affrontare la questione della coesistenza tra uomo e lupo in maniera consapevole e sostenibile.
Nella prima parte della tesi si affronta, dunque, la definizione di educazione ambientale e la sua evoluzione a livello internazionale e nazionale fino ai giorni nostri.
Si passa poi a una corposa parte dedicata al lupo, che ne sviscera tassonomia, ecologia, etologia e distribuzione per poi arrivare a introdurre Life WolfAlps EU, progetto transfrontaliero cofinanziato dall’Unione Europea che studia la coesistenza tra uomo e lupo sulle Alpi.
Ed è proprio in stewardship con questo ambizioso progetto, che coniuga studio e divulgazione scientifica sul lupo, che sono state organizzare le attività di educazione ambientale prese in esame.
Per concludere, vengono descritte nel dettaglio le attività svolte e i risultati ottenuti dai questionari compilati dai genitori dei partecipanti. - Turbulent energy dissipation rate and water-air gas exchange in a step-and-pool configuration: a flume experiment
Dott. Matteo Cappozzo
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale
Corso di laurea magistrale in Environmental EngineeringTurbulent energy dissipation rate and water-air gas exchange in a step-and-pool configuration: a flume experiment
Il degassamento è un fenomeno naturale che avviene all’interfaccia tra acqua e aria. Infatti i gas tendono a muoversi naturalmente da zone ad alta concentrazione a zone a concentrazione inferiore.
Molto spesso in questo movimento sono inclusi anche gas climalteranti, come l’anidride carbonica, la cui concentrazione in atmosfera è dell’ordine di 400 ppm. Ormai da diversi anni i gas responsabili dell’effetto serra sono sotto la lente di ingrandimento degli scienziati per l’impatto che hanno sul riscaldamento globale, motivo per cui anche lo scambio di gas nei corsi d’acqua sta guadagnando interesse nella letteratura scientifica.
L’acqua di fiumi e ruscelli di montagna ha generalmente un’alta concentrazione di CO2 disciolta (fino a 1000 ppm, due volte e mezzo la concentrazione atmosferica), dovuta al passaggio della stessa nel sottosuolo ricco di rocce carbonacee. Per questo motivo i corsi d’acqua montani sono considerati delle importanti sorgenti di anidride carbonica, sebbene di tipo naturale, in quanto questo tipo di processi è sempre esistito in un bilancio globale di CO2 in equilibrio. L’effetto del degassamento è particolarmente evidente in corrispondenza di cascatelle e salti di fondo, dove la forte turbolenza creata dalla corrente e dai getti d’acqua fa aumentare la velocità di scambio dei gas (gas transfer velocity).
Questa tesi si focalizza sui processi idrodinamici del fenomeno del degassamento in corrispondenza dei salti di fondo, particolari formazioni dove piccoli getti d’acqua formano delle polle a valle di un dislivello di modesta altezza (nell’ordine di alcune decine di centimetri). Lo scopo è capire il ruolo che la turbolenza e la formazione di bolle d’aria all’interno della pozza hanno nello scambio di gas tra acqua e atmosfera. Lo studio è stato eseguito tramite lo svolgimento di esperimenti controllati in laboratorio, ricreando un salto di fondo all’interno di una canaletta didattica in plexiglas e con simulazioni numeriche eseguite tramite un apposito software, al fine di ricreare le condizioni di un affluente del Rio Valfredda, localizzato nelle Alpi venete, precedentemente studiato in situ in un altro lavoro di tesi del dipartimento ICEA dell’Università di Padova.
Partendo dai valori di dissipazione turbolenta di energia ottenuti nelle simulazioni è stata calcolata la velocità di scambio di gas in diversi punti del dominio di interesse con lo scopo di dimostrato che i getti d’acqua in corrispondenza dei salti di fondo hanno un ruolo fondamentale nel degassamento dei corsi d’acqua montani.
Al termine della sperimentazione è stato possibile confermare che nel punto esatto di impatto del getto d’acqua la velocità di fuga dell’anidride carbonica è fino a dieci volte superiore rispetto alle altre zone del dominio di studio, per quanto anche quest’ultime presentassero una turbolenza non indifferente.
Il modello numerico creato è stato validato con l’equivalente esperimento di laboratorio al fine di essere certi che i risultati ottenuti nelle simulazioni computerizzate siano rappresentativi del fenomeno reale.
- Relazione tra isole di calore e verde urbano nel Comune di Monfalcone
Dott.sa Margherita Bertossi
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
Dipartimento di Scienze della Vita
Corso di Laurea triennale in Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e la Natura - Curriculum BiologicoRelazione tra isole di calore e verde urbano nel Comune di Monfalcone
La forte urbanizzazione avvenuta globalmente nel secolo scorso (UN DESA, 2018), unita con l’aggravarsi della crisi climatica e l’intensificarsi degli eventi estremi (NOAA, 2020), ha generato negli ultimi decenni numerose problematiche. Queste sono essenzialmente legate alla disponibilità delle risorse, all’accesso ai servizi, al degrado sociale e alla salute fisica dei cittadini, rendendo i centri urbani dei sistemi particolarmente vulnerabili ed instabili. Le città impiegano fino l’80% dell’energia disponibile (EAA, 2020) e generano il 70% circa di gas ad effetto serra, sul totale prodotto dall’attività antropica complessiva (UN Habitat, 2016).
Si capisce quindi l’importanza di associare alla pianificazione e gestione dell’urbanizzazione le politiche di lotta al cambiamento climatico, in quanto opportunità per azioni di mitigazione, adattamento e riduzione del rischio di disastro ambientale, in un’ottica di miglioramento della qualità della vita. Questo lavoro rappresenta un caso di studio di un ambiente urbano dotato di numerose criticità: la Municipalità di Monfalcone (GO). All’interno di questa si pone particolare attenzione al fenomeno delle isole di calore, in inglese Urban Heat Island (UHI), ovvero aree caratterizzate da temperature significativamente più elevate rispetto alle zone periurbane circostanti la città (Dale A. Quattrochi et al.). Si è fatto riferimento alla skin temperature ovvero la temperatura rilevabile a livello delle superfici, scegliendo la data del 26 giugno 2019 in quanto significativamente più calda rispetto alla media mensile negli anni precedenti. Gli obiettivi principali della tesi comprendono, oltre la localizzazione delle zone particolarmente suscettibili a questo surriscaldamento, anche l’identificazione dei possibili fattori locali che contribuiscono al verificarsi di tale fenomeno, così come degli elementi che lo contrastano. Per fare ciò sono state impiegate immagini Landsat8, elaborate tramite programma QGIS: successivamente alla calibrazione radiometrica del sensore, si è calcolata la temperatura radiometrica (TB) che insieme al coefficiente di emissività spettrale (ε(λ)) è stata impiegata per ottenere la temperatura superficiale (LST). Ciò ha consentito la realizzazione di mappe rappresentative dello stato termico delle superfici nell’area di studio, rendendo evidenti le più interessate dal surriscaldamento. Queste si sono rilevate essere principalmente le coperture di edifici industriali presenti nelle zone periurbane della città (con valori che superano i 40°C), ma anche alcuni complessi abitativi collocati nel centro urbano (Via Duca d’Aosta, Piazza della Repubblica, Corso del Popolo). È risultato interessante il comportamento delle superfici all’interno dei parchi e delle aree protette nel Monfalconese: grazie alla loro maggiore copertura vegetale hanno mantenuto temperature nettamente inferiori (attorno ai 35°C), con effetti anche sulle superfici circostanti. Viene sottolineata così l’importanza nella cura di tali 3
aree: la salvaguardia della biodiversità si unisce al miglioramento della qualità della vita umana, secondo il concetto di servizio ecosistemico. Questi risultati, uniti a studi più approfonditi ed orientati alla gestione del verde, si possono rivelare utili per proporre azioni di mitigazione efficaci nei differenti scenari riscontrati a livello locale.