LA PROTESTA DEI PESCI DI FIUME
ANCHE IN FVG LA GIORNATA NAZIONALE PER CHIEDERE IL RISPETTO DEI TORRENTI E L’APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA ACQUE.
Il territorio del Friuli Venezia Giulia presenta sotto il profilo idrogeologico un panorama di forme e ambienti molto diversi tra loro . La fauna ittica ospitata in questo prezioso reticolo idrogeografico attualmente annovera oltre 30 specie autoctone e altrettante specie introdotte più o meno nocive.
Per mantenere le specie autoctone è essenziale la tutela di questi ambienti per evitare un drastico calo dei numeri di queste specie.
Nell’elenco delle specie autoctone possiamo annoverare ben 18 endemismi del bacino veneto-padano e addirittura 4 specie della fauna ittica Italiana presenti esclusivamente in territorio regionale. Troviamo ben due specie di Barbi, due di Vairone, due di Scazzone, due di Sanguinerole, due di Cobiti, due di Ghiozzi e due tipi Trote.
Si possono osservare anche due tipi di Lampreda, pesce sconosciuto a molti.
Le lamprede appartengono all’ordine dei Petromyzontiformes, animali che vivevano già alcuni milioni (e non migliaia) di anni fa, senza modificarsi nell’aspetto e solo l’uomo è riuscito a farle quasi estinguere.
In regione possiamo ancora orgogliosamente dire che vivono pesci al limite dell’estinzione o già definitivamente spariti in altre Regioni. Parliamo della Lasca, del Gobione Padano, del Panzarolo, della Cobite mascherata, del Pigo e della Savetta.
Purtroppo questa immensa fortuna del patrimonio mondiale la stiamo distruggendo quotidianamente.
Molti di questi pesci, se non si prendono provvedimenti urgenti, saranno presto solo un ricordo, per molteplici fattori tutti riconducibili all’attività umana. Modifiche fisiche dei corsi d’acqua (sbarramenti idroelettrrici,alterazioni del letto dei fiumi, canalizzazioni, prelievi idrici eccessivi), sviluppo agricolo e industriale dei territori con conseguente inquinamento, contaminanti, nanomateriali, micro plastiche e l’inserimento di specie aliene con relative nuove malattie infettive sono tra le cause principali.
Distruggendo questo equilibrio naturale si compromettono le condizioni di vivere e riprodursi a tutte queste specie, perchè l’evoluzione la ha portate a specializzarsi a vivere solo in determinate condizioni e quindi sono molte più vulnerabili.
Nel comune di Prepotto – in mezzo ad un fitto boschetto – si trovava una risorgiva la cui acqua dopo un brevissimo percorso veniva drenata dal terreno formando piccoli stagni, atti ad ospitare molti anfibi sia anuri (rane) che urodeli (tritoni). Ebbene in questo piccolo corso viveva solo una specie di pesce: la Sanguinerola. Pesciolino stupendo, che durante la fase riproduttiva si ricopre di evidenti tubercoli nunziali bianchi mentre il ventre prende una colorazione rosso intenso; il suo areale di vita sono acque fredde ossigenate come laghi o torrenti di montagna e non un piccolo rio collinare. Questo ruscello non comunicava con nessun altro corso d’acqua e quindi la presenza delle Sanguinerole li era dovuta o da transfaunazioni da parte di terzi (difficile immaginare questo vista la difficoltà di arrivarci) o semplicemente erano dei Relitti glaciali. Probabilmente il piccolo Rio, dopo l’ultima glaciazione wurmiana, faceva parte di un bacino ben più grande e nell’arco di molto tempo l’alveo del corso principale (probabilmente il Corno) si è spostato altrove lasciando questa risorgiva completamente isolata. Grazie alla fitta vegetazione che impediva il riscaldamento dell’acqua le condizioni per migliaia d’anni erano rimaste inalterate permettendo tranquillamente a queste popolazioni di sanguinerole di vivere e riprodursi per oltre 10.000 anni al suo interno.
“Andavo a fare una visita nel sito almeno un paio di volte l’anno” – racconta l’ambientalista ed esperto Eugenio Miotti – “finchè una primavera arrivai e trovai il bosco e I prati con zone umide completamente spariti, il tutto sostituito da una spianata di terra arata, dove preparavano il terreno per la piantumazione di un vigneto. In un batter d’occhio queste popolazioni sono state seppellite ed estinte”.
Quanti tesori immensi e oramai irrecuperabili sono stati distrutti senza che noi ce ne accorgessimo.
In Austria il dott. Zauner, famoso ittiologo, è riuscito a trovare dei fondi pubblici per la rinaturalizzazione di un tratto del corso del Danubio riportandolo allo stato antecedente la canalizzazione. Ebbene dopo poco tempo hanno documentato di nuovo la riproduzione di alcune specie ittiche. Anche nel Veneto hanno intrapreso con successo azioni simili con ripiantumazione di alberi e rinaturalizzazione di corsi d’aqua.
Le piante lungo l’alveo ed in particolare nelle zone montano/collinari impediscono l’erosione delle sponde, esattamente come fanno gli alberi lungo i crinali montani, offrono cibo e riparo a numerose specie animali, le radici subacquee creano un habitat/rifugio per I pesci, ombreggiano il corso schermando I raggi solari, evitano il riscaldamento eccessivo dell’acqua, rallentano l’evaporazione e impediscono la crescita di sterpi o piante all’interno. Se si tagliano, la morfologia del corso cambia completamente, con prosciugamenti estivi in gran parte dell’alveo e crescita di erbe e rovi all’interno, innescando la necessità di future manutenzioni di pulitura e sfalcio.
Crediamo che sia ora di cambiare le regole, facendo una mappatura aggiornata di tutti questi ambienti e microambienti naturali ancora esistenti e fare un censimento di tutte le specie sia animali e sia vegetale presenti.
Prima di realizzare nuove opere si dovrebbe valutare se questi ambienti sono salvaguardati o messi a rischio.
Crediamo sia ora di rivoluzionare la maniera di tutelare i corsi d’acqua da parte degli enti preposti alla manutenzione delle acque, adeguandoli al loro ruolo. Ci appelliamo alle amministrazioni pubbliche, enti e politici affinché prendano atto che bisogna aprire un nuovo corso, dando spazio a nuove figure decisionali che rimettano al giusto livello e dignità la tutela dell’ambiente.
Diamo voce a questo grido di protesta e di aiuto di tutti i pesci di acqua dolce affinchè la loro voce possa arrivare dentro le mura di tutte le nostre case e farci prendere coscienza di quello che stiamo distruggendo e togliendo alle generazioni future.
Si ringrazia per la collaborazione e la foto delle Lasche di Eugenio Miotti