Comunicato stampa Webinar Associazione Rosmann su Centrale Monfalcone

Si è svolto giovedì sera 7 ottobre la riunione on line promossa dall’Associazione Ambientalista Eugenio Rosmann con le associazioni ambientaliste e i comitati contrari all’insediamento  del nuovo progetto della centrale a gas in centro a Monfalcone aperta a tutti i cittadini.

L’obiettivo dell’incontro era duplice: portare la questione di Monfalcone a livello nazionale e non più confinata alla sola realtà isontina e attivare l’opinione pubblica cittadina a prendere iniziative per contrastare la realizzazione della nuova centrale.

La serata  ha visto una cinquantina di persone collegate: dopo l’introduzione di Claudio Siniscalchi, presidente della Associazione ambientalista Eugenio Rosmann, Dario Predonzan, già referente territorio del WWF FVG, ha illustrato le osservazioni presentate con il Gruppo San Valentino di Monfalcone, a partire dalla tabella che mette a confronto gli scenari emissivi attuali e quelli del futuro progetto. Il progetto è peggiorativo in termini di CO e di NH3 (ammoniaca) rispetto agli scenari ante-operam. Infine, anche in termini di CO2, il progetto è equivalente alla soluzione ante operam, pur in presenza di una potenza elettrica pari a ca. 2,5 volte rispetto a quella esistente.

L’avv. Paolo Coppo, ha illustrato dettagliatamente le vicende giudiziarie emerse di recente, dal ricorso amministrativo avanzato da A2A Energie future contro l’ultima Autorizzazione Integrata Ambientale, giudicata troppo restrittiva, al reato ipotizzato dalla Procura di Gorizia per violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale a seguito dei dati dalle analisi del terreno e del fondo marino circostanti l’impianto. 

La serata ha visto anche la partecipazione della referente energia  nazionale di Legambiente, Katiuscia Eroe, e del suo omologo del WWF Italia, Massimiliano Varriale.
La referente energia nazionale di Legambiente ha messo in evidenza la non strategicità dell’impianto monfalconese e lo scarso impegno del governo sulle fonti rinnovabili e le comunità energetiche, che la Direttiva Europea sta proponendo come soluzione energetica democratica per un futuro 100% rinnovabile. Tante sono  le cose da fare per affrontare l’emergenza climatica, ma realizzare oggi un impianto a fonti fossili vuol dire essere già fuori tempo ed è tempo di fermare i sussidi alle produzioni energetiche inquinanti, che potrebbero essere invece investiti in rinnovabili, reti, efficienza, mobilità, bonifiche.

Poi è intervenuto il referente nazionale per l’energia WWF Italia, che ha riportato i dati del rapporto di adeguatezza di TERNA del 2019 per il Nord Italia, ultimo rapporto che dovrebbe essere presto aggiornato, che rivedeva al rialzo i dati del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima – PNIEC – su quanto gas sarebbe servito per mantenere in equilibrio la rete dopo il phase out del carbone entro il 2025. Il PNIEC prevedeva la necessità di 3.4 GW, mentre il rapporto di adeguatezza TERNA di 5,4 GW a livello nazionale, e già era un dato eccessivo per il WWF che l’ha contestato. Per il Nord Italia la nuova capacità necesaria è stimata in 2,75 GW: i dati delle procedure in itinere presso il Ministero per la Transizione Ecologica per il solo Nord Italia è di 7,7 GW. Quasi 3 volte il già eccessivo dato di TERNA! Questo non è legato alla necessità della rete elettrica, ma soltanto al business connesso al meccanismo del Capacity market. Questi impianti vengono remunerati per 75.000 euro a megawatt all’anno, per 15 anni, e considerando gli 860 MW di Monfalcone, risulta un beneficio di quasi 1 miliardo di euro, una cifra quasi doppia rispetto al costo dell’impianto. Ovvero questi impianti diventano immediatamente bancabili semplicemente perchè c’è questa copertura dello Stato dovuta al meccanismo del Capacity market. Se anche funzionasse 1500 ore all’anno e quindi non starebbero in piedi per regole di mercato, con il Capacity market l’investimento sarebbe assolutamente redditizio. Questo meccanismo è distorsivo e premia soltanto il gas e non le rinnovabili e non favorisce la decarbonizzazione. Il gas poteva essere un combustibile di transizione 20 anni fa, ma oggi non lo è più e non lo dicono solo gli ambientalisti ma una letteratura scientifica vastissima e persino l’IEA (International Energy Agency), che nel suo ultimo rapporto “Net zero by 2050” afferma che non bisogna più investire su petrolio e gas. Sulla centrale di Monfalcone bisogna contestare che questo impianto non serve alla decarbonizzazione, perchè il gas è un combustibile fossile e la produzione di gas serra si ha non soltanto nel processo di combustione e non solo al camino ma anche nelle fasi di precombustione. Il CH4 è un gas fossile con un fattore climalterante 30 volte superiore sull’arco di 100 anni ma addirittura 83 volte sull’arco dei 20 anni.   Questi sono elementi che in alcuni tribunali iniziano a essere considerati, a livello europeo, nord-americano, per il danno climatico. L’Italia sotto questo aspetto è in ritardo ma bisognerebbe cominciare a ragionarci. Un’altro aspetto è l’impatto sanitario. Che a MW/ora specifico  l’impianto a gas abbia performance migliori del carbone è vero, pur con dei punti oscuri. Sugli impianti a gas c’è una pesante sottostima dettata dalle BAT e dalla normativa di riferimento, che andrebbe adeguata, sulle emissioni di particolato. Il particolato diretto e primario fondamentalmente non è affatto zero: dal punto di vista massico è nettamente inferiore rispetto a quello da carbone, ma quello che conta non è la massa del particolato in termini di impatto sulla salute, ma la sua composizione chimico/fisica e la pezzatura, perchè sono le frazioni ultrafini quelle più pericolose per la salute. Un altro aspetto che spesso viene sottovalutato è l’emissione di NOx e in letteratura scientifica è stata aumentata l’attribuzione di rischio sia in termini di impatto diretto sulla salute, sia per la capacità di fungere da precursore del particolato secondario. Ci sono studi che indicano come si considera e conteggia il particolato secondario e non solo si è riscontrato un impatto in termini di mortalità e morbilità nettamente superiore ma si ha anche un’estensione dell’areale di impatto, a causa di una maggiore dispersione dei componenti gassosi. Gli NOx si disperdono molto di più rispetto al particolato e per il meccanismo di neoformazione formano il particolato secondario.

Problemi simili si sono riscontrati a Vado Ligure, Spezia, Bari, Civitavecchia.

 Nel successivo dibattito sono intervenuti, manifestando la propria preoccupazione il presidente del circolo di Monfalcone di Legambiente, Michele Tonzar e la rappresentante del Rione ENEL Antonella Paoletti, che ha ricordato i pesanti impatti dell’impianto energetico sul quartiere e che non saranno risolti in caso di continuazione dell’operatività della centrale termoelettrica con il gas.

Associazione ambientalista Eugenio Rosmann

Monfalcone